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La divisa e l’orario di lavoro

La questione è sempre attuale e la normativa è abbastanza precisa tanto da non lasciare ombre o fraintendimenti, le sentenze poi emesse dalla Corte di Cassazione ribadiscono questa interpretazione.

Il tempo utilizzato per indossare e togliersi la divisa di lavoro, quanto questa è ritenuta utile dal datore di lavoro per svolgere la sua attività, comporta il diritto al pagamento della retribuzione per tutto il tempo utilizzato perchè l’attività ricade tra le prestazioni lavorative che il dipendente è tenuto a svolgere nell’ambito dell’orario di lavoro.

Su questo punto esistono diverse sentenze della Corte di Cassazione, come la n. 3763/98 e n. 19273/06 o, ancora, la n. 20179 del 22 luglio 2008 che ha confermato il pagamento del tempo utilizzato e la condanna del datore di lavoro che obbligava i propri dipendenti a timbrare l’inizio del turno solo dopo aver indossato la divisa e, al contrario, dovevano timbrare in uscita prima di cambiarsi.

Secondo le disposizioni del diritto, il datore di lavoro può decidere, per i propri dipendenti, l’uso di una divisa perché questo rientra tra le prerogative dell’imprenditore.

Infatti, l’imprenditore ha la possibilità di poter organizzare liberamente l’attività produttiva della sua impresa.

In ogni caso, una decisione di questo tipo non può causare un danno, di ordine economico o normativo, ai propri dipendenti; infatti, i lavoratori, ad esempio, non possono essere obbligati ad acquistare o pulire la divisa di lavoro.

Detto questo rimane da capire che cosa si deve intendere per prestazione lavorativa nell’ambito dell’orario di lavoro.

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che rientra nella nozione di orario di lavoro effettivo il tempo impiegato dal dipendente per lo svolgimento di operazioni strettamente indispensabili all’espletamento dell’attività lavorativa, come ad esempio la vestizione degli abiti da lavoro (Corte di Cassazione del 14 aprile 1998, n. 3763).

La definizione di orario di lavoro ha subito diverse evoluzioni nel tempo. Con il decreto del 15 marzo 1923 n. 692 si era stabilito, in base all’articolo 3, che lavoro effettivo è ogni lavoro che richieda un’applicazione assidua e continuativa. Con il decreto successivo, R.D. del 10 settembre 1923 n. 1955, si disponeva poi, all’articolo 5, che per orario effettivo dovevano essere compresi i riposi intermedi presi all’interno o all’esterno dell’azienda ed il tempo impiegato per recarsi sul posto di lavoro.

Una interpretazione di questo tipo è oggi avvalorata anche dalla direttiva comunitaria 93/104. Infatti, in base all’articolo 2, l’Unione Europea ha fatto rientrare nella nozione qualsiasi periodo temporale in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro nell’esercizio delle sue attività o delle sue funzioni.

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