Cassazione, il tempo divisa si paga

 La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro del 31 gennaio 2011 n. 2135, ha equiparato il tempo di vestizione e vestizione come tempo di lavoro che deve essere, di conseguenza, normalmente retribuito.

Ossia, per la Suprema corte

Nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale, ancorché relativo a fase preparatoria del rapporto, deve essere autonomamente retribuito ove la relativa prestazione, pur accessoria e strumentale rispetto alla prestazione lavorativa, debba essere eseguita nell’ambito della disciplina d’impresa e sia autonomamente esigibile dal datore di lavoro, il quale può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria

Lavoro usurante, le mansioni notturne e la linea catena

Il disposto contenuto nella legge 247/2007 insieme al decreto 66/2003 precisano che rientrano nella categoria dei lavoratori notturni quei lavoratori che possano far valere, nell’arco temporale di riferimento, una permanenza minima.

A questo proposito, secondo le disposizioni legislative, è lavoratore notturno chi svolge la sua attività lavorativa per un minimo di 80 giorni lavorativi annui, il limite che deve essere riproporzionato per i contratti a tempo parziale. Non solo, il legislatore definisce come periodo notturno un arco temporale di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.

La legge 247/2007 chiarisce, da un punto di vista normativo, anche il significato della linea catena, ovvero i lavoratori che, all’interno di un processo produttivo in serie – contraddistinto da un ritmo collegato a lavorazioni o a misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni – svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali e al controllo di qualità.

Il diritto alle ferie per gli apprendisti e i detenuti

Le ferie è un diritto sancito e ribadito da diverse disposizioni di legge. Esistono particolari categorie di lavoratori che per la loro particolare posizione sociale godono di disposizioni differenti.

Per l’apprendista maggiorenne valgono, in base all’articolo 2 del decreto n. 66/2003, le regole generali in uso per tutti gli altri lavoratori: in pratica quattro settimane annue minime di cui due differibili ai diciotto mesi successivi.

Per gli altri apprendisti occorre riferirsi alla disciplina prevista in maniera specifica per gli adolescenti e bambini. Per questa particolare normativa bisogna considerare l’articolo 23 della legge n. 977/1967, l’articolo 2 del decreto n. 345/1999, l’articolo 14 della legge n. 25/1955 e l’articolo 18 del DPR n. 1668/1956, precisando che si può affermare che, per i minori di sedici anni, il periodo di ferie retribuite non può essere inferiore a 30 giorni di calendario.

Orario di lavoro e interruzione del periodo di riposo

I lavoratori addetti alla manutenzione di impianti e macchinari, con obbligo di reperibilità, che vengano successivamente richiamati in  servizio hanno diritto a riposi giornalieri e settimanali che devono decorrere nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa.

Ricordiamo, in base al decreto n. 66 del 2003, che il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati, durante la giornata.

L’art. 9 del decreto precisa che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero.

I requisiti per il lavoro notturno

Il D.lgs. n. 66 del 2003 ha recepito le disposizioni contenute nella direttiva 93/104/CE così come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 2000.

Il decreto intende regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell’orario di lavoro.

Deve considerarsi lavoratore notturno chi svolge, durante il periodo notturno, almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale, o svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.

Il computo dell’orario di lavoro, il caso di un cantiere edile

Può succedere, in special modo per i lavoratori di un cantiere edile, di doversi recare in un punto di raccolta stabilito dal datore di lavoro al fine di usufruire dei mezzi aziendali per raggiungere un determinato cantiere. Il punto di raccolta è solitamente la sede legale o il magazzino dell’azienda.

Non sempre però questo succede; infatti, il lavoratore, precisiamo, può anche utilizzare un mezzo proprio per raggiungere il cantiere.

La questione che si pone è semplice: il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro, ovvero il punto di raccolta, deve essere computato nell’orario di lavoro?