Riforma Fornero all’esame dei giudici

 Tanto parlare per niente? Potrebbe essere questa la conclusione cui si è giunti nell’analisi della Riforma Fornero dopo la sentenza del tribunale di Bologna del 15 ottobre sul procedimento n. 2631/2012, una delle prime pronunce dopo la legge n. 92/2012 che ha introdotto la modifica sulla disciplina dei licenziamenti. Stando a quanto emerso in sede processuale, infatti, sono sufficienti le scuse del lavoratore per rendere insussistente il fatto contestato che sta all’origine del licenziamento disciplinare. Ma vediamo più nel dettaglio cosa è accaduto, e perché la riforma Fornero potrebbe essere parzialmente inutile.

Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nella riforma

 Proseguiamo il nostro viaggio nella flessibilità in uscita – così come modificata dalla riforma Fornero – con i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, o licenziamenti “oggettivi o economici”. Si tratta, in evidenza, di una fattispecie significativamente differente a quella vista poco fa, relativa ai licenziamenti individuali, e che riguarda le cessazioni dei rapporti di lavoro effettuate a causa di difficoltà economiche aziendali.

Anche in questo caso, la disciplina muta sostanzialmente per le imprese di maggiori dimensioni (quelle con più di 15 dipendenti), rimanendo invece sostanzialmente invarata nei confronti delle imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali permane l’attuale forma di tutela: il giudice potrà infatti disporre un risarcimento in capo al lavoratore, compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità.

Licenziamenti senza giusta causa nella riforma del lavoro

 Vediamo oggi come cambia la flessibilità in uscita con la nuova riforma del lavoro voluta dal ministro del welfare Elsa Fornero. Cominciamo questo nostro viaggio dai licenziamenti privi di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, inquadrati dalla revisione del mercato del lavoro come “licenziamenti soggettivi o disciplinari”. Cerchiamo di capire come funzionava oggi la disciplina dei licenziamenti individuali senza giusta causa, e cosa cambia con la riforma, per le imprese con più di 15 dipendenti  e meno di 15 dipendenti.

Partiamo le imprese di maggiori dimensioni, per le quali è possibile riscontrare le maggiori variazioni rispetto alla normativa vigente. Per tali imprese (con più di 15 dipendenti), infatti, fino ad oggi era prevista la reintegrazione in servizio (o indennità sostitutiva, a scelta del lavoratore) e conseguente risarcimento del danno.

Nuovi ricorsi contro i licenziamenti

 Alcuni emendamenti al decreto di riforma del lavoro Fornero stanno ritoccando la disciplina in merito ai ricorsi contro i licenziamenti. Si tratta – come ampiamente sottolineato – di ritocchi prevalentemente “tecnici”, come ad esempio avviene nell’ipotesi della considerazione dei tempi del giudizio.

Un primo emendamento al decreto chiarisce le modalità di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti nel procedimento di tutela urgente contro i licenziamenti. La convocazione potrà avvenire ad esempio con posta elettronica certificata. Successivamente, saranno previsti due termini, di cui uno per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione (non inferiore a 25 giorni prima dell’udienza), il secondo non inferiore a cinque giorni prima dell’udienza per la costituzione del resistente. Allungato il termine di fissazione delle udienze, a 40 giorni.

Lettera di dimissioni volontarie

 Quando un dipendente desidera cessare il proprio lavoro, o cambiare la professione o l’azienda datore di lavoro, è tenuto a presentare una lettera di dimissioni volontarie all’Ufficio delle Risorse Umane della propria impresa di appartenenza, dalla quale possa evincersi la chiara e univoca volontà di porre fine al proprio rapporto di lavoro, nel rispetto di quanto stabilito dalle norme del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) in merito ai termini di preavviso e ad altre caratteristiche di questa delicata fase che porterà il lavoratore fuori dall’azienda di appartenenza.

La lettera di dimissioni volontarie deve essere comunicata per iscritto all’Ufficio di competenza, inviata per raccomandata con ricevuta di ritorno, o consegnata a mano (in tal caso, è necessario trattenere presso di sé una copia come ricevuta).

Il Ministro Fornero chiarisce l’equivoco sull’articolo 18

 Il ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità Elsa Fornero ha voluto spegnere i fuochi sollevati negli scorsi giorni circa la possibilità di porre mano all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quella norma che discipplina il licenziamento per sola giusta causa. “Non ho nulla in mente a proposito dell’articolo 18, lo voglio ribadire” – ha affermato il ministro a Porta a Porta – “chiedo però che si parli di lavoro guardando ai problemi”.

Una vicenda, quella della possibile riforma dell’articolo 18, che va pertanto ad arricchirsi di un ulteriore tassello. Le iniziali aperture di revisione della norma avevano infatti incontrato la dura opposizione da parte delle parti sindacali, tanto da far dichiarare alla Fornero di essere rimasta “dolorosamente colpita” dalle reazioni di Cgil, Cisl e Uil, sigle per l’occasione nuovamente riunite sotto un unico ombrello.

Professionisti, i dati sulle perdite dei posti di lavoro

 Sempre meno professionisti si aggirano per le città italiane. Secondo quanto afferma una ricerca compiuta da IresCgil, infatti, nel corso del periodo 2008 – 2010 la macro categoria dei liberi professionisti avrebbe perso ben 532 mila posti di lavoro. Una emorragia che coinvolge principalmente coloro che svolgono professioni tecniche (- 347 mila unità nel biennio), seguiti da quei professionisti che svolgono attività imprenditoriali e dirigenziali (- 174 mila unità).

Ma non solo: a cavarsela piuttosto male sono anche i professionisti occupati in attività scientifiche e di elevata specializzazione (persi 141 mila posti di lavoro in due anni) e quelli che svolgono ancora attività manifatturiere con semiqualificazione (- 140 mila posti). In flessione di 125 mila posti, infine, gli artigiani, gli operai specializzati e gli agricoltori.

Lavoro e moda: alla Incom sfilano i licenziamenti

 Abiti eleganti, ma anche abbigliamento sportivo, con il brand U.S. Polo Assn., che in Europa viene gestito dall’azienda Incom. Questi capi li indosseranno le finaliste di Miss Italia 2011, in onda su Raiuno dal 9 settembre 2011. Ma per una trentina di operai della Incom il “finale” potrebbe essere quello del licenziamento; non a caso i Sindacati sono molto preoccupati per la procedura di mobilità avviata proprio dalla Incom a carico di quasi quaranta lavoratori, molti di questi donne. La Cgil, in particolare, ha ricordato come la procedura di mobilità vada a colpire un terzo dei lavoratori, e come a loro carico aleggi lo spettro del licenziamento se si considera che già da un paio d’anni per loro si va avanti tra Cig ordinaria e cassa integrazione guadagni straordinaria.

Dahlia Tv: 200 posti di lavoro rischiano di saltare

 Dahlia Tv, partecipata del Gruppo Telecom Italia Media, quotato in Borsa a Piazza Affari, è in liquidazione. A darne notizia nei giorni scorsi con un comunicato è stata proprio Telecom Italia Media, la quale in particolare ha fatto presente come si sia verificata per Dahlia Tv una della cause per cui scatta lo scioglimento della società. L’Assemblea ha già deliberato per la nomina di un liquidatore che sarà chiamato ora a predisporre per Dahlia Tv un piano di liquidazione. In virtù di tale scelta i dipendenti della società rischiano di perdere il posto di lavoro, e non a caso i Sindacati hanno lanciato l’allarme visto che già la situazione dal fronte occupazionale nel nostro Paese è ancora tutt’altro che rosea. Nel dettaglio, i Sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, nel lanciare l’allarme sul rischio reale che, tra i dipendenti di Dahlia Tv e quelli dell’indotto, si vadano a perdere ben 200 posti di lavoro, si sono appellati a Paolo Romani, il Ministro dello Sviluppo Economico, affinché vengano fatte scelte tali da salvaguardare i livelli occupazionali.

Governo: pari opportunità e parità trattamento uomini e donne

 Dal prossimo 20 febbraio entrerà in vigore il decreto legislativo 25 gennaio 2010 n. 5 per l’attuazione della direttiva 2006/54/CE, relativo al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

Infatti, il Consiglio dei Ministri ha fatto pubblicare il decreto sulla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 2010.

Il decreto legislativo afferma che per discriminazione si deve intendere ogni trattamento  meno  favorevole  in  ragione dello stato di gravidanza, di maternità o paternità.

Per questa ragione è vietata qualsiasi discriminazione, sotto qualsiasi forma,  per accedere ad un diritto e dovere fondamentale come il lavoro: dalla forma subordinata a quella autonoma.

Precari Ispra: occupazione sul tetto anche a Capodanno

 Sono oramai quasi 40 giorni che i lavoratori precari dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, stanno portando avanti con determinazione una protesta/occupazione ad oltranza per il rinnovo dei contratti di lavoro. E se il Natale, passato sul tetto, è stato triste, il Capodanno lo è ancor di più, visto che da poche ore buona parte dei 230 ricercatori interessati alla vertenza sono ufficialmente disoccupati a causa del mancato rinnovo del contratto. Di conseguenza, l’occupazione sul tetto dell’Istituto prosegue anche a Capodanno, e continua ad essere visibile anche su Internet, cliccando qui; al riguardo, non è bastata la recente “apertura” del Ministro Prestigiacomo a far desistere i precari dal portare avanti a Roma il presidio ad oltranza.

Lavoratori Termini Imerese: Ugl, “no alla chiusura”

 Il Sindacato Ugl nei giorni scorsi ha ribadito la propria contrarietà alla chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, per il semplice fatto che il ridimensionamento o la chiusura di impianti al Sud significa in pratica avviare un processo di desertificazione di intere comunità locali. Questa è, in sintesi, la posizione di Renata Polverini, segretario generale dell’Ugl, in merito al piano di Fiat che, a fronte di un incremento della produzione di nuove auto ha deciso che Termini Imerese è uno stabilimento da chiudere. L’Ugl, pur tuttavia, ritiene che il piano industriale di Fiat sia insoddisfacente, e come debbano essere tutelati tutti gli stabilimenti del Sud specie se si considera che, in ogni caso, Fiat ha beneficiato di incentivi sotto forma di credito di imposta. Giovanni Centrella, segretario nazionale dell’Ugl Metalmeccanici, ha tra l’altro messo in evidenza come allo scenario di chiusura per lo stabilimento di Termini Imerese si aggiungano sia le incertezze sul futuro di Pomigliano d’Arco, sia la scarsa attenzione nei confronti dell’indotto.

Lavoratori Fiat Termini Imerese: futuro incerto anche per l’indotto

 Allo stabilimento Fiat di Termini Imerese restano al massimo poco più ventiquattro mesi di vita; il piano della casa automobilistica del Lingotto, infatti, è quello di chiudere lo stabilimento siciliano entro il 2011, e questo a fronte, invece, di investimenti massicci, pari ben otto miliardi di euro, annunciati dalla società automobilistica torinese per i prossimi due anni. Ma quale sarà, a questo punto, la fine che faranno i lavoratori dello stabilimento di Termini Imerese? La decisione della Fiat appare infatti inappellabile, ma nello stesso tempo l’azienda piemontese si è mostrata disposta a discutere sulla riconversione dello stabilimento al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. La società torinese, e non è una novità, da tempo vedeva nello stabilimento di Termini Imerese uno dei siti da chiudere in virtù di difficoltà strutturali e di costi eccessivi, al punto che la società al riguardo ha messo in evidenza come, tirando le somme, l’impianto lavori in perdita.