Lo scorso 15 marzo le organizzazioni sindacali si sono incontrati con l’Aran per affrontare il delicato tema del lavoro a tempo determinato e della precarietà nel settore pubblico.
A questo proposito la CGIL ha ribadito la sua posizione in merito alla bozza presentata dalla stessa Aran, lo ha reso nota una comunicazione del segretario Confederale della CGIL, Nicola Nicolosi, il Segretario Generale della FP CGIL, Rossana dettori e il Segretario Generale della FLC CGIL, Domenico Pantaleo.
L’idea di fondo è quella di proporre una diverso modello di contrattazione che riesca ad includere le figure professionali che sono, per lo più, presenti al margine dei diritti del lavoro. Infatti, se in questi anni si sono modificati i modelli di riferimenti, allora occorre diversificare le risposte per impedire la creazione di sacche di lavoratori fuori tutela.
La prossima settimana si terranno le consultazioni elettorali politiche insieme a quelle regionali – Molise, Lombardia e Lazio – e in vista di questa importante scadenza si rende necessario chiarire che cosa prevede la legge in materia.
Anche se qualcuno stenta a crederci, il ministero della Funzione pubblica sta lavorando ad una proroga in grado di superare le scadenze immediate dei contratti precari nella Pa con una norma che verrà inserita nella legge di stabilità.
Al momento i due decreti del MAE sono stati trasmessi alla Corte dei Conti per la necessaria registrazione, ad ogni modo, con questi decreti risultano definiti, per l’anno scolastico 2012/13, il contingente del personale scolastico a tempo indeterminato – ossia
La CGIA di Mestre ha voluto, in occasione della giornata nazionale contro la precarietà, fare una fotografia del lavoratore precario e il risultato non è per nulla incoraggiante. In effetti, secondo lo studio della CGIA locale lo stipendio è, in media, di 836 euro al mese, solo il 15% ha una laurea, la Pubblica amministrazione è il suo principale datore di lavoro e nella maggioranza dei casi lavora nel Mezzogiorno (35,18% del totale).
Nel nostro Paese non ci sono solamente i lavoratori dipendenti e quelli parasubordinati appartenenti alla “generazione 1000 euro”, ma ci sono anche parecchie decine di migliaia di piccoli imprenditori che guadagnano meno di un precario. A rilevarlo è stata la Camera di Commercio di Monza e Brianza in base ad un Rapporto del proprio Ufficio Studi prendendo a riferimento i dati del Registro delle Imprese. Ma quanti sono in Italia gli imprenditori che guadagnano meno di un precario? Ebbene, la Camera di Commercio di Monza e Brianza ha rilevato che questi sono il 2% del totale, corrispondenti a 128 mila imprenditori che hanno un giro d’affari medio pari ad appena mille euro circa. E se a Monza e Brianza gli imprenditori “a 1.000 euro” sono 1.250, a livello regionale la Lombardia svetta in Italia con 17.770 imprese con un giro d’affari confrontabile con il reddito annuo di un lavoro precario; ma ce ne sono tante imprese di questo tipo, ben 17.255, nella Regione Lazio, mentre con 12.426 la Campania si attesta sul gradino più basso del podio.