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ILO, il terzo rapporto sulle discriminazioni sul lavoro

 L’ILO, ovvero l’International Labour Organization delle Nazioni Unite, ha diffuso il suo terzo rapporto dove si fa il punto sulla situazioni sulle discriminazioni in ambito lavorativo.

Secondo i dati diffusi si apprende che i soggetti che subiscono le maggiori discriminazioni sono le donne, i migranti e le persone con disabilità; in effetti, questi soggetti possono accedere in modo limitato all’istruzione, alla formazione professionale, al reinserimento e percepiscono un salario nettamente differente rispetto al resto della popolazione attiva, in particolare le lavoratrici guadagnano tra il 10-30% in meno dei loro colleghi uomini.

Lo studio condotto dall’ILO dal titolo Uguaglianza nel lavoro: una sfida continua pone in risalto queste particolari discriminazione nel lavoro e con la crisi economica in atto non si arresta questo trend ma, anzi, si accentua sempre più il divario tanto che il Direttore Generale dell’International Labour Organization, Juan Somavia ha commentato che

periodi di difficoltà economica costituiscono un terreno fertile per la discriminazione nel lavoro e, più in generale, per le società stesse

I dati diffusi dallo studio non lasciano dubbi. In effetti, l’ILO pone in evidenza che in una situazione di questo tipo non esiste una vera disparità tra le nazioni: Svezia e Stati Uniti dimostrano delle sorprendenti analogie. A questo riguardo negli Stati Uniti, secondo i dati diffusi dal dipartimento del Lavoro, le persone con disabilità hanno un tasso di disoccupazione del 16,2%, una situazione nettamente sorprendente contro un tasso del 9,2% per persone senza disabilità. In Svezia, poi, dati 2008, il 62% delle persone con disabilità ha un lavoro rispetto al 75% delle persone non disabili.

Non solo, sempre secondo le valutazioni dell’ILO le persone con disabilità percepiscono un salario più basso rispetto: negli Stati uniti, nel 2007, il reddito medio di una persona con disabilità con un lavoro a tempo pieno tutto l’anno era di 34.200 dollari, rispetto ai 40.700 dollari per le persone senza disabilità.

Le donne, poi, guadagnano tra il 10-30% in meno degli uomini e, sempre in base alle informazioni diffuse dal Rapporto, queste lavoratrici continuano a subire differenze di trattamento in ambito lavorativo.

Il Rapporto diffuso dall’ILO suggerisce di migliorare la legislazione nazionale per migliorare e facilitare l’inserimento dei soggetti considerati deboli nel mondo del lavoro specie alle discriminazioni legate alla gravidanza e alla maternità. A questo riguardo basta ricordare che 829 milioni di donne nel mondo vivono in povertà, mentre la cifra equivalente per gli uomini è di 522 milioni.

Altro aspetto da non sottovalutare è la tutela dei lavoratori migranti che molto spesso si trovano esclusi dal sistema di protezione sociale.

Secondo la Banca mondiale il 20% dei poveri del mondo soffre di qualche forma di disabilità anche se le Nazioni Unite hanno cercato di costruire un argine, ovvero ha predisposto, ed è recentemente entrato in vigore, della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità.

In un mercato complesso e globale diventa necessario predisporre un sistema di sicurezza sociale in grado di offrire una maggiore tutela ai soggetti ritenuti deboli; in effetti, paesi come il Mozambico e il Kazakistan hanno cercato di includere nella loro legislazione nazionale misure rivolte alle persone con disabilità: il Cile e la Corea hanno deciso di adottare regole precise fin dal 2007 insieme alla  Thailandia, Giordania,  Spagna e successivamente l’Etiopia nel 2008 con Malaysia solo per fare alcuni esempi.

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