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I lavoratori a domicilio

Il lavoratore a domicilio è una particolare forma di collaborazione nata agli albori della Rivoluzione industriale.

L’articolo 2094 del codice civile è, di per sé, abbastanza chiaro. In effetti, è qualificato prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Di rimando la legge del 18 dicembre 1973 n. 877 definisce il lavoratore a domicilio.

Secondo la legge è lavoratore a domicilio chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, anche con l’aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi.

I lavoratori che intendono avvalersi di questa forma di collaborazione possono iscriversi nella lista dei lavoratori a domicilio presso i Centri per l’impiego.

Da un punto di vista di tutele previdenziali ai lavoratori a domicilio si applicano le norme vigenti per i lavoratori subordinati in materia di assicurazioni sociali e di assegni familiari, fatta eccezione di quelle in materia di integrazione salariale.

Non solo, per l’assunzione di lavoratori subordinati a domicilio possono essere concesse le agevolazioni contributive previste dalle leggi n. 407/1990 e n. 223/1991 qualora si tratti di lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi o di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a condizione che il datore di lavoro sia legittimato a tale tipo di assunzione e che sussistano i requisiti di legge.

Secondo disposizioni previste dalla decreto 112/2008, le aziende che intendono commissionare del lavoro a domicilio sono obbligati a trascrivere sul libro unico del lavoro il nominativo e il relativo domicilio dei lavoratori esterni all’unità produttiva, nonché la misura della retribuzione.

In precedenza, le aziende interessate a questa forma di collaborazione  erano tenute ad iscriversi nel registro dei committenti istituito presso il Centro per l’Impiego di ogni provincia in cui era distribuito il lavoro.

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