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Maternità e precariato: lavoro ad ostacoli per le donne

 In Italia si fanno sempre meno figli per tante ragioni. La vita è sempre più cara, ma non sempre per la famiglia è una questione meramente economica. Fare un figlio per una donna può significare anche rinunciare al lavoro ed alla carriera sebbene nel nostro Paese le Leggi in materia di maternità parlino chiaro. Si fa un tanto parlare di flessibilità del mondo del lavoro, ma quando per una donna sorge la necessità di conciliare il lavoro con la famiglia la flessibilità, a partire dagli orari di lavoro, spesso viene applicata solo sulla carta. Sul tema ha fatto letteralmente il giro del Web di recente una lettera di Rosalinda Gianguzzi, madre ed insegnante precaria alla quale non sono piaciute le dichiarazioni del Ministro Gelmini riguardo all’astensione obbligatoria dal lavoro dopo il parto che è stata definita come una sorta di privilegio. La lettera di Rosalinda Gianguzzi al Ministro Gelmini rappresenta un vero e proprio grido di protesta contro le politiche adottate dall’Esecutivo su famiglia, lavoro ed istruzione che, secondo la mamma precaria, “stanno contribuendo a minare il futuro di un’intera generazione“.

Intervistata dal Portale “Il Levante”, Rosalinda Gianguzzi, mamma ed insegnante precaria nonostante una laurea in pedagogia e tre corsi post laurea, ha ribadito con forza quanto scritto nella lettera sebbene con toni giudicati eccessivi; la protesta, inoltre, non è contro la Gelmini, ma deriva da quell’istinto che unisce uomini ed animali.

Quando ad una mamma vengono toccati i cuccioli lei caccia gli artigli“, ha dichiarato Rosalinda Gianguzzi nel ricordare come la sua non sia una battaglia politica, ma ideologica. Insomma, serve un cambio di rotta per evitare che tra maternità e precariato per le donne l’occupazione non si trasformi in un percorso ad ostacoli. I Comuni e le Regioni sul territorio, quando ci sono le risorse, mettono a punto bandi per incentivare la conciliazione tra lavoro e famiglia concedendo contributi alle imprese. Ma non si può andare di certo avanti con gli incentivi per garantire diritti e dignità alle donne; serve una Legge nazionale che rimetta il lavoratore al centro del nostro sistema economico e produttivo.

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