La fine dei Buoni Vacanze

 Ricordiamo che per il prossimo 9 settembre 2012 dovranno essere utilizzati tutti i Buoni Vacanze in circolazione ed eventualmente in possesso indipendentemente dalla data indicata sul buono perché il Governo Monti, con un provvedimento dei mesi scorsi , ha sospeso la loro validità.

Infatti, a causa della grave crisi in cui versa l’Italia, il Governo Monti ha deciso, con la delibera dello scorso 28 febbraio, 2012 di sospendere questa provvidenza fortemente voluta dall’allora ministro Brambilla che ha seguito l’esempio di alcuni paesi europei.

Licenziamento della donna in gravidanza, deroghe al divieto

 In taluni casi decade la tutela della donna in gestazione, nel senso che il divieto di licenziamento durante la gravidanza e il primo anno di età del bambino non è valido per motivi precisi considerati in base all’art. 54 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001 per i quali è ammessa la deroga al divieto.

Fra i motivi vari da considerare per la deroga al divieto di licenziamento: *l’esito negativo della prova; *la giusta causa per colpa grave da parte della lavoratrice; *per cessazione dell’attività aziendale alla quale è addetta; *fine del lavoro per il quale la lavoratrice è stata assunta; *fine del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.

La giusta causa per il licenziamento della lavoratrice durante il periodo di *tutela legale della gravidanza e del primo anno del bambino deve essere particolarmente grave e soprattutto deve essere provata mediante una verifica che va eseguita in rapporto al comportamento complessivo della lavoratrice e alle sue particolari condizioni psico-fisiche legate allo stato di gestazione, che sono importanti per escludere la giusta causa, in quanto il comportamento dipende da cause indipendenti della sua volontà.

La tutela in caso di dimissioni volontarie della lavoratrice in maternità

 Una tutela speciale vige per le dimissioni volontarie della lavoratrice in maternità allo scopo di evitare che la donna venga costretta a dimettersi e che quindi non si dimette volontariamente, ma perché costretta. Potrebbe, infatti, trattarsi, di un aut aut.

Delle dimissioni volontarie della lavoratrice presentate durante il periodo in cui vige divieto di licenziamento, durante il periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino, si occupa il Testo Unico nell’ambito della tutela a sostegno della maternità e della paternità, ovvero il Decreto legislativo n. 151 del 2001, all’art. 55 comma 4.

Contratto a tempo determinato, cosa cambia con la riforma

 Il contratto a tempo determinato è uno dei rapporto di lavoro maggiormente rivoluzionati con la riforma del mercato del lavoro. Innanzitutto, a cambiare è la “causale” del contratto stesso, che mentre fino ad oggi era sempre stata necessaria per ogni assunzione a termine, oggi non è richiesta per il primo contratto a termine di durata non superiore a 12 mesi (oltre tale termine, il rapporto non è prorogabile).

La durata massima del contratto di lavoro a tempo determinato è ora fissata in 36 mesi, contando anche i periodi di somministrazione a termine (prima era di 36 mesi, ma senza contare i periodi di somministrazione a termine). La prosecuzione oltre il termine è consentita per un massimo di 30 giorni se il contratto ha durata fino a 6 mesi (ex 20 giorni) e fino a 50 giorni se il contratto ha durata oltre 6 mesi (ex 30 giorni).

Nella prevenzione occorre la collaborazione dei manager e dei lavoratori

 Prevenire conviene, ecco la posizione del nostro Istituto di prevenzione in fatto di sicurezza e infortuni sul lavoro e, in questa ottica, occorre una maggiore collaborazione tra chi ha la responsabilità di gestire l’azienda e chi ha il compito di produrre.

Di questo avviso è Cristina Comunian, ossia project manager de “Campagne europee”, che, in una intervista ha sottolineato i successsi dell’iniziativa Eu-Osha 2012-2013.

L’agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro ha fatto di questa osservazione il focus della sua iniziativa “Lavorare insieme per la prevenzione dei rischi”.

Quanto costa assumere un apprendista?

 Quanto costa assumere un apprendista, in seguito all’introduzione della riforma del mercato del lavoro? Sicuramente la risposta non potrà che orientarsi verso un aggravio per le tasche delle imprese che optino verso questa forma di lavoro. In altri termini, assumere un apprendista costerà alle aziende di più rispetto a prima, visto e considerato che per un contratto di tre anni, senza conferma al termine del rapporto, si parla di un aggravio del 4%, oltre alla “tassa” di licenziamento dovuta in caso di risoluzione del rapporto al termine del periodo di apprendistato.

Una delle determinanti della maggiore onerosità dei contratti di apprendistato per le imprese risiede nella riforma degli ammortizzatori, che sarà finanziata con applicazione di un’aliquota contributiva dell’1,31 per cento, in sostituzione delle attuali aliquote. L’aliquota aggiuntiva, prevista a carico dei soli rapporti di lavoro a tempo determinato, è pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile. Non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione dei lavoratori assenti, e a quelli assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali, oltre a quelli sui periodi contributivi fino al 31 dicembre 2013, relativi alle attività definite negli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali. Esenti anche gli apprendisti e i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazione.

I progetti finanziati dall’Inail in arrivo il 6 luglio

 Per il prossimo sei luglio saranno resi noti i progetti che otterranno i finanziamenti Inail per tutelare la sicurezza sul lavoro con i relativi infortuni. Si è conclusa, così, la procedura telematica che ha visto il coinvolgimento di oltre 20mila imprese al fine di ottenere i 205 milioni di euro messi in palio dall’Inail.

L’Inail ha destinato questi fondi su progetti che mirano a tutelare e migliorare le condizioni di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro rispettano, lo ricordiamo, la priorità cronologica di arrivo delle imprese.

Novità riforma del lavoro 2012, che cos’è l’ASPI

 Lo avevamo già scritto: la riforma del lavoro 2012, ovvero quella voluta fortemente dal Governo Monti, introduce molte novità nel sistema lavoro e previdenza del nostro Paese.

Infatti, l’Aspi, ad esempio, è un nuovo strumento che entrerà pienamente in vigore dal 2017. In particolare, questa nuova forma di ammortizzare sociale prevede che dal 1 gennaio 2013 la contribuzione voluta dal Ministro Fornero, insieme alla mini Aspi, è stata fissata all’1,31% e, sempre secondo le disposizioni entrate in vigore, sarà estesa anche agli apprendisti.

Aspi e mini Aspi, tutto sui nuovi ammortizzatori

 Con l’entrata in scena della riforma del lavoro, i vecchi ammortizzatori sociali hanno subito una piccola rivoluzione. Considerato che le turbolenze sono imminenti, è bene prendere confidenza quanto prima con le Aspi e le mini Aspi, i nuovi strumenti di ammortizzazione sociale che il governo ha scelto di introdurre, al fine di costituire un valido sostegno nel tempo per quei lavoratori che si trovassero privi di una posizione da occupare.

Per quanto concerne la Aspi, questa riguarderà tutti i nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatasi a decorrere dal 1 gennaio 2016, e concernerà tutti coloro che hanno almeno due anni di anzianità assicurativa, e 52 settimane di contribuzione nel biennio precedente a quello di inizio del periodo di disoccupazione.

Tutela legale per dimissioni e licenziamento in gravidanza e nel primo anno del bambino

 L’art. 87 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, il Testo Unico in materia di tutela legale a sostegno della maternità e della paternità, pone il divieto a dimissioni e licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino a un anno d’età del bambino.

La tutela legale a favore della donna lavoratrice copre il periodo di astensione obbligatoria di 5 mesi, distribuito tra i mesi prima e dopo la data del parto. Il divieto di dimissioni e licenziamento della lavoratrice vige anche in caso di adozione e affidamento fino ad un anno dall’ingresso del minore nell’anagrafica della nuova famiglia. L’art. 54 del D. Lgs. 151 del 2001 stabilisce che in caso di adozione internazionale la tutela legale parte dal momento in cui viene comunicato l’invito a recarsi all’estero per incontrare il minore e ricevere la proposta di adozione.

Assegno di maternità dello Stato, i requisiti contributivi per le varie tipologie del lavoro

 In merito ai requisiti contributivi necessari per il diritto all’assegno di maternità dello Stato, abbiamo già chiarito quelli necessari per alcune tipologie di lavoro.

Concludiamo la panoramica sul tema con i requisti contributivi specifici riferiti in particolare al lavoro subordinato, al lavoro part-time, al lavoro autonomo, al lavoro all’estero in Paesi dell’Unione Europea. Una spiegazione caso per caso.

Nel caso di lavoro subordinato, i tre mesi di contributi corrispondono a: *90 giorni di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a giornata; *13 settimane di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a settimana; *24 ore (di lavoro alla settimana), moltiplicato per 13 settimane, per i lavoratori retribuiti ad ore. I criteri di calcolo sono quelli in vigore per i lavoratori domestici: bastano 24 ore settimanali di lavoro per accreditare un contributo settimanale.

Offerta di lavoro come responsabile commerciale – luglio 2012

 La società Studio Staff sta cercando, per società cliente operante nel settore conserviero, con un fatturato di circa 20 milioni di euro, e operatività in tutto il territorio nazionale nel canale horeca, un responsabile commerciale da supportare con uno staff interno, con l’obiettivo di migliorare e sviluppare gli attuali canali distributivi, implementando il numero dei mercati nazionali ed esteri di sbocco della stessa compagine societaria.

La persona inserita, evidenzia lo Studio Staff, si interfaccerà direttamente con la proprietà della società, coordinando l’intero reparto commerciale. Per quanto concerne i requisiti, è richiesta un’età anagrafica intorno ai 40 anni, esperienza almeno quinquennale maturata in contesti e posizioni analoghe, reale possesso di un pacchetto autonomo di clienti, approccio al lavoro caratterizzato da dinamismo, flessibilità, eclettismo e da un forte orientamento al presidio anche operativo dei processi.

Lavori specialistici, Italia agli ultimi posti nell’Ue

 Il mercato italiano del lavoro non gode di grande salute, con un tasso di disoccupazione pericolosamente in rialzo verso la doppia cifra. Va tuttavia ancora peggio per quanto concerne i lavori ad alta specializzazione, che vedono l’Italia agli ultimi posti dell’Unione Europea. La colpa è dei dati rilevati dal rapporto Isfol, presentato alla Camera dei Deputati, secondo cui dal 2007 al 2011 l’occupazione dei professionisti con high skill sarebbe diminuita di 2 punti percentuali, contro la crescita di 4,3 punti percentuali nel mercato tedesco e in altri mercati internazionali.

Il rapporto Isfol, l’Istituto europeo per la formazione e lo sviluppo dei lavoratori, dichiara che l’Italia – anziché cercare il rilancio delle competenze per recuperare competitività – sta investendo sempre meno nei lavori di alta specializzazione, e preferisce invece insistere su quel segmento del lavoro in cui non sono richieste quelle competenze che invece fanno la differenza e la ricchezza di una nazione.