Licenziamenti, le proposte del senatore Ichino

 Da una parte c’è la preoccupazione del ministro del lavoro Maurizio Sacconi su un risveglio del conflitto sociale come elemento catalizzatore di una nuova ondata di terrorismo, mentre dall’altra il senatore PD Pietro Ichino ha ribadito che questa minaccia non deve essere usata per impedire o limitare il dibattito sulle politiche del lavoro.

In particolare, lo stesso sen. Ichino è il protagonista di un disegno di legge, il n. 1873, sin dal novembre 2009, che di occupa proprio di risoluzioni dei rapporti di  lavoro attraverso un codice semplificato del lavoro con 70 articoli con l’obiettivo, tra l’altro, di superare l’attuale disparità tra i dipendenti.

Per Sacconi potrebbe esserci un rischio terrorismo

Preoccupanti le parole pronunciata dal Ministro del Welfare Sacconi che non è d’accordo con il termine “licenziamenti facili” perchè secondo lui sarebbe “falso” e parla anche di possibile rischio terrorismo

Cassazione, gradualità per i provvedimenti disciplinari

La Corte di Cassazione è tornata a ribadire la sua posizione a riguardo dei provvedimenti disciplinari che ciascun datore di lavoro può decidere per le proprie maestranze. In effetti, nello specifico la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio che occorre introdurre il principio di gradualità anche per le sanzioni che possono implicare un licenziamento per giusta causa. La Suprema Corte, attraverso la sentenza n. 22129 dello scorso 25 ottobre 2011, ha assunto una decisione che non mancherà, di certo, provocare importanti implicazioni sul versante delle interpretazioni delle norme del diritto del lavoro.

Per la Cassazione

giusta causa di licenziamento e proporzionalità della sanzione disciplinare sono nozioni che la legge, allo scopo di adeguare le norme alla realtà disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con disposizioni, ascrivibili alla tipologia delle cosiddette clausole generali, di limitato contenuto e delineanti un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama

Nuova sentenza sui termini di impugnazione dei contratti a termine

 Il Tribunale di Milano in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro è intervenuto, attraverso la sua sentenza n. 3914 dello scorso 4 agosto 2011, sui termini di impugnazione  dei contratti a termine.

In sostanza, il giudice del Tribunale ha stabilito che il comma 54 dell’articolo 2 della legge 10/2011 ha sospeso sino al 30 dicembre 2011 l’entrata in vigore dei nuovi termini di impugnazione previsti dall’articolo 32 della legge n. 183/2010, incluso quello riguardante i contratti “atipici” già scaduti alla data dell’entrata in vigore della stessa legge, ovvero alla data del 24 novembre 2010.

Nel caso in questione la contestazione riguardava una serie di contratti a termine scaduti prima del 24 novembre 2010, mentre l’impugnazione del contatto avveniva non entro la data stabilita del 23 gennaio 2011.

Cassazione, il licenziamento per giusta causa

 Durante lo scorso mese di marzo la Cassazione aveva emesso diverse sentenze in tema di licenziamento.

In particolare, la Cassazione, con la sentenza n, 6498 del 22 marzo 2011, ha affermato che ai fini del licenziamento per giusta causa (nella fattispecie un caso di un furto in azienda) non si applica il divieto di monitorare l’attività dei lavoratori attraverso impianti audiovisivi: in questo caso, il controllo serve necessariamente a tutelare il patrimonio aziendale.

Infatti, così come stabilisce lo Statuto dei lavoratori dove gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso degli impianti.

Invalidi, ora si può optare per l’indennità di disoccupazione

 Finalmente la Corte costituzionale ha deciso, sentenza n. 234 dello scorso 22 luglio 2011, l’illegittimità costituzionale degli articoli 6, comma 7 e 1, della legge 236/1993  estendendo anche ai titolari di assegno di invalidità il diritto di opzione tra il trattamento ordinario di disoccupazione e l’assegno di invalidità, in caso di licenziamento.

La normativa in vigore concede tale facoltà solo in caso di concorso tra il diritto al trattamento di mobilità e quello all’assegno o pensione di invalidità è stata ritenuta, dai giudici della corte, lesiva del principio di uguaglianza dei cittadini.

Manovra bis 2011, dalla Cisl un patto contro il licenziamento selvaggio

 La Cisl torna a ribadire la sua posizione critica nei confronti della manovra economica di agosto; in effetti, nel ribadire la forte avversione per la decisione del governo di apporre il voto di fiducia al maxiemendamento, il sindacato ne ricorda l’iniquità ed esprime la propria contrarietà sull’età pensionabile delle donne nel privato all’ulteriore avvicinamento al 2014 della partenza del percorso che porterà nel 2026 alla parificazione.

Non solo, la seconda centrale sindacale pone anche in evidenza le diverse azioni intraprese al fine di ottenere alcune significative modifiche dell’impostazione originaria relative aalla modifica dell’articolo 8 stabilendo la priorità degli Accordi Interconfederali relativamente ai contratti aziendali e territoriali, garantendone l’efficacia a tutti i lavoratori anche rispetto a veti e ricorsi giudiziari ed eliminando il pericolo che sindacati di comodo potessero ridurre le tutele contrattuali e legislative dei lavoratori.

Ti stai per sposare? Non puoi essere licenziata

Se una donna è prossima al matrimonio non può essere licenziata in nome della tutela della famiglia

A dirlo è la Cassazione che ricorda come nel caso in cui una lavoratrice abbia un contratto di lavoro regolare cis sia un “periodo di garanzia”: questo periodo ha inizio con la pubblicazione delle nozze fino a un anno. In questo periodo il titolare non può licenziare.

La Corte di Cassazione era stata chiamata ad esaminare il ricorso di una donna di Ariccia (provincia di Roma) che era stata licenziata; la sezione Lavoro della Cassazione ha dunque chiarito che

la tutela accordata dalla legge 9 gennaio 1963 numero 7 alle lavoratrici che contraggono matrimonio è fondata sull’elemento obiettivo della celebrazione del matrimonio e non è subordinata all’adempimento di alcun obbligo di comunicazione da parte della lavoratrice al datore” anche se, sottolineano i supremi giudici, sarebbe meglio che la lavoratrice comunicasse comunque la decisione di sposarsi al proprio datore di lavoro se non altro per “il dovere di collaborazione e di esecuzione del contratto secondo buona fede

Manovra 2011, le modifiche ai trattamenti di sostegno al reddito

Con la manovra di luglio, in particolare all’articolo 18 della legge n. 111/2011, il Legislatore ha abrogato, a partire dal 6 luglio, il comma 10-bis dell’articolo 19 del decreto n. 185/2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 2/2009, con la quale ai lavoratori non destinatari del trattamento di mobilità previsto dall’articolo 7 della legge n. 223/1991 poteva essere erogato, in caso di licenziamento o cessazione del rapporto di lavoro, un trattamento di ammontare equivalente all’indennità di mobilità.

Licenziare per scarso rendimento

La Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha espresso un parere che è stato da più pari ripreso, ovvero lo scarso rendimento è una violazione del dovere di diligenza del lavoratore che può configurare un’ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento e esistono diverse norme e sentenze che legittimano il licenziamento del dipendente.

La fondazione ha ricordato che esistono diverse autorevoli pareri giuridici – Cassazione del 9 settembre 2003, n. 13194 in Mass. Giur. It., 2003, Cassazione 3 maggio 2003, n. 6747 in Mass. Giur. Lav., 2004, 6, 99 e Cassazione 23 febbraio 1996, n. 1421 in Mass. Giur. It., 1996 –  che sembrano avvalorare che lo  scarso  rendimento è  una violazione del dovere di diligenza del  lavoratore che può configurare un’ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

Sciopero alla Verizon, 45mila dipendenti si fermano

La notizia è una di quelle che lasciano il segno, il secondo più grande operatore telefonico degli Stati Uniti è coinvolto da una delle più grandi mobilitazioni di lavoratori; in effetti, le rappresentanze dei lavoratori, Communications Workers of America (Cwa) e la International Brotherhood of Electrical Workers (Ibew), hanno deciso di fermare il lavoro di 45mila persone tanto che la stessa Verizon ha deciso di ricorrere alla sua forza di lavoro interna, circa 40mila lavoratori, per cercare di contrastare questa iniziativa di lotta.

Le rappresentanze dei lavoratori intendono rinnovare il loro contratto interno e contestano alla società di poter licenziare con più facilità gli addetti in esubero, il riconoscimento degli incentivi unicamente in funzione dei risultati, fermare la maturazione dei contributi pensionistici almeno per il 2011 e ricevere dalle associazioni sindacali un supporto per il pagamento degli oneri sanitari.

Licenziare la lavoratrice che si sposa

 La legge n. 198/2006, che riprende le disposizioni della vecchia legge del 9 gennaio n. 7 del 1963, considera nulli i licenziamenti delle lavoratrici effettuati nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni al matrimonio. In caso di licenziamento è il datore di lavoro che deve dimostrare che la causa non ha a che fare con le nozze.

La legge in esame considera nulle le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio.