Lavoro nell’Unione Europea: 40 milioni di persone sotto stress

 Nell’Unione Europea il 50-60% delle giornate di lavoro perse sono strettamente correlate a fattori di stress; a rilevarlo è l’Ispesl, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro, nel sottolineare come nell’Ue quasi un lavoratore su quattro, ovverosia ben 40 milioni di persone, sia colpito dallo stress correlato all’attività prestata. Al riguardo l’Istituto sottolinea come i cambiamenti strutturali del mercato del lavoro abbiano contribuito in questi anni a mettere sempre di più i lavoratori sotto pressione con la conseguente causa non solo legata alla perdita di posti di lavoro, ma anche all’assunzione di elevati costi sanitari. In merito, non a caso, si stima che il costo annuo per effetto dello stress correlato al lavoro si aggiri nell’Unione Europea sui 20 miliardi di euro, ed è frutto dei nuovi rischi lavorativi direttamente spiegabili con le nuove forme contrattuali, sempre più flessibili, ma anche con l’avvento delle nuove tecnologie e modelli di organizzazione aziendale sempre più “spinti” che spesso mandano letteralmente il lavoratore in apnea.

Lavoratori creativi: a Milano tiene l’occupazione ma aumenta lo stress

 Milano nel nostro Paese è la patria dell’economia creativa, ma negli ultimi due anni, quelli della crisi, anche in questo settore qualcosa è cambiato, a partire dagli stili di vita condotti dai professionisti del comparto. A rilevarlo è la Camera di Commercio di Milano in base ad un sondaggio condotto su un campione di circa 1700 soggetti che rappresentano la categoria dei professionisti della comunicazione e dei servizi culturali nel capoluogo lombardo. Nel dettaglio, uno dei dati più importanti emersi è quello relativo all’occupazione, che regge nonostante la difficile congiuntura; ma a fronte del mantenimento del posto di lavoro, per sei soggetti interpellati su dieci aumenta lo stress e per ben tre su quattro si è dovuto fare i conti con un calo di fatturato.

Lavoro e salute: droga, alcolismo ed i segreti del dipendente

 Le informazioni relative al proprio stato di salute sono riservate, tutelate dalla Legge sulla privacy, e quindi non possono di certo essere diffuse da terzi senza rischiare grosso. Pur tuttavia, è chiaro che un dipendente sul posto di lavoro deve essere non solo in forma per poter rendere al meglio, ma non deve avere neanche uno stile di vita fuori dall’ufficio tale da mettere a rischio sia la propria salute, sia i destini dell’azienda con il proprio operato. L’assunzione di alcol e droga, ad esempio, può portare ad avere alla lunga seri problemi sotto tanti punti di vsita, anche da quello della salute mentale. Ebbene c’è da scommettere che siano tantissimi in Italia, e non solo, i lavoratori che assumono alcol e/o droghe ma che non si sognerebbero mai di rivelare il tutto, chiaramente per paura, al proprio datore di lavoro. A prevalere nel nostro Paese, infatti, sono spesso i pregiudizi e l’onesta intellettuale non viene mai premiata, anzi quasi sempre comporta penalizzazioni, esclusioni e discriminazioni.

Lavoro e salute: lo stress dipende anche dalla personalità

 Il vostro capo vi stressa? Svegliarsi tutte le mattine per andare al lavoro è diventato per voi una sorta di incubo? Ebbene, prima di trarre delle conclusioni analizzando, valutando e giudicando il comportamento degli altri, dal vostro capo ai vostri colleghi sul posto di lavoro, forse è meglio fare una sorta di “autocritica” al fine di comprendere se lo stress è frutto anche dei vostri comportamenti e del vostro modo di vivere la vita anche e soprattutto fuori dall’ufficio. In Finlandia, non a caso, alcuni ricercatori dell’Ateneo di Helsinki hanno condotto uno studio, apparso tra l’altro sulla rivista specializzata “Journal of Occupational and Environmental Medicine“, da cui è emerso come lo stress sia strettamente correlato alla personalità del lavoratore, ma anche al suo stile di vita condotto fuori dalle mura aziendali.

Lavoro e malattia: i giorni di riposo sono sacri

 Il lavoratore stacanovista, che non si risparmia, che si porta magari il lavoro a casa, e che anche nel weekend si chiude in camera per risolvere un problema aziendale, e per presentarne orgoglioso le soluzioni al capo il lunedì mattina, rischia di attentare seriamente alla propria salute. Una ricerca effettuata da una Università americana, e pubblicata sul Journal of Social and Clinical Psychology, infatti, rivela come abbiano sostanzialmente ragione tutti quei lavoratori convinti che il fine settimana sia “sacro”, ovverosia da dedicare non al lavoro, ma alla cura dei nostri hobby e dei nostri interessi in tutta libertà. Dalla ricerca è emerso come il campione di lavoratori su cui è stato effettuato lo studio, a partire dal venerdì sera, ovverosia al termine della settimana di lavoro, abbia fatto registrare in media un maggior senso di benessere ed un forte abbassamento dei sentimenti negativi come la rabbia, l’ansia o addirittura la depressione. Per la ricerca, condotta su un totale di 74 lavoratori, è stato scelto un campione ampio in termini di età, dai 18 ai 62 anni e con un media settimanale di ore di lavoro prestate pari a 30.

Lavoro e malattia: i medici e la sindrome da burnout

 Il 12% dei medici fa uso di farmaci, alcol e droghe come vera e propria deviazione, una valvola di sfogo contro lo stress legato ad una professione dove molto spesso la fatica e lo stress la fanno da padrone. Questo è il dato, in particolare, che emerge da studi che sono stati effettuati in numerosi Paesi esteri e che, se “applicati” al nostro Paese, indicherebbero la presenza di oltre 40 mila medici che ci devono curare ma che loro stessi, forse ancor di più, ne avrebbero di bisogno. Ma come mai una figura come quella del medico, determinante e fondamentale per il nostro bisogno di salute, ricorre all’alcol ed alle droghe? Ebbene, se vi è capitato di imbattervi in un medico poco disposto al dialogo, cinico ed introverso, allora è probabile che vi trovate datanti una figura professionale vinta dalla fatica a seguito di turni stressanti, ma anche dalle esperienze passate magari per aver commesso degli errori, a volte fatali.

Malattie sul lavoro: aumentano i rischi col capo angosciante ed autoritario

 Come reagiscono i lavoratori dipendenti di fronte ad un capo che oltre che autoritario, è anche angosciante? Ebbene, occorre fare una netta distinzione tra lavoratrici donne e lavoratori uomini; a rivelarlo è uno studio a cura di un’università medica svedese nella città di Solna, il Karolinska Institutet, da cui è in particolare emerso come le donne nei confronti di un capo autoritario ed angosciante reagiscano meglio allo stress rispetto ai colleghi uomini; su questi ultimi, invece, in accordo con quanto riporta il canale “Salute” di Yahoo Italia, le vessazioni del capo posso mettere a rischio la salute con il possibile insorgere di problemi cardiaci.

Lavoro in ufficio: il litigio allontana i problemi cardiaci

 Per chi la vita lavorativa la vive in ufficio, magari ogni giorno ben oltre le classiche otto ore più un’ora di pausa, tenersi la rabbia e lo stress dentro, senza sfogarsi, potrebbe essere fatale. A tale conclusione, in estrema sintesi, sono giunti in Svezia alcuni ricercatori che al riguardo hanno condotto uno studio le cui rilevazioni sono state effettuate nel triennio 2002-2005, e poi negli anni, al riguardo, sono scaturiti i risultati in base al profilo ricavato da un campione di 2.755 uomini aventi un’età media di poco superiore ai 40 anni. In pratica, dallo studio è emerso che chi si tiene la rabbia e lo stress dentro, evitando ogni litigio o polemica, ha più probabilità di essere vittima di un infarto.

Malattie professionali: industria e servizi i settori più a rischio

 Le malattie professionali nel nostro Paese sono sia latenti, sia spesso mortali, e disegnano negli ultimi due anni una tendenza in forte rialzo con un +11% mentre, di contro, gli infortuni oramai da lungo tempo stanno facendo registrare un calo che può tranquillamente definirsi di tipo strutturale. Il dato, fornito dall’INAIL, mette in evidenza come nel nostro Paese quello delle malattie professionali siano un fenomeno insidioso ma anche difficile da quantificare. Secondo l’Istituto, infatti, il +11% segnato dalle malattie professionali nell’ultimo biennio non indica per forza che le condizioni di lavoro siano peggiorate, ma fornisce un quadro della situazione caratterizzato da una maggiore presa di coscienza ed emersione di tale fenomeno tanto subdolo quanto insidioso. Ma in quali settori è più alto il rischio di contrarre malattie professionali?

Stress da lavoro: tutti pronti a fare downshifting

 Chi guadagna di più vive meglio? Non è detto. Di norma più si guadagna, più crescono le responsabilità, aumenta lo stress e la vita diventa così pianificata e, spesso ripetitiva, che non mancano i momenti in cui sarebbe meglio mollare tutto e cercare un lavoro più “tranquillo”, anche se questo comporta una diminuzione del salario. Nell’era in cui i soldi sono tutto o quasi, nel mondo, invece, aumentano coloro che si dichiarano pronti a “scalare marcia“, ovverosia a passare a mansioni e responsabilità di livello inferiore pur di tornare a riappropriarsi della propria vita. Una vita meno stressante comporta di norma anche una vita più lunga, al punto che la voglia di “scalare marcia” ha un nome, rigorosamente in inglese.

Malattie professionali: donne più a rischio stress da lavoro

 In Italia, così come in Europa, lo stress da lavoro colpisce tantissimi lavoratori, con un’incidenza superiore per le donne, ed in particolare per quelle che lavorano con una forma di contratto atipico o part-time. Il dato, fornito dall’ISPESL, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, mette in evidenza come quello dello stress da lavoro sia un argomento che da un lato è complesso, e dall’altro è di grande attualità oltre che di interesse sociale. Questo perché, tra l’altro, a differenza delle altre malattie professionali, lo stress da lavoro è difficile da “misurare” in quanto non si presta a rilevazioni oggettive, ed è inoltre potenzialmente contraibile da tutta la platea di lavoratori in qualsiasi settore di impiego. Ma quali sono le cause per cui un addetto sia affetto da stress da lavoro? Ebbene, l’opinione comune fa pensare che, ad esempio, un soggetto sotto stress sia quello che lavora troppo; invece, anche chi porta avanti una quantità di lavoro insufficiente rispetto alle ore di servizio può essere soggetto allo stress da lavoro.

Italiani: 9 milioni di stressati da lavoro

Vi ricordate quando qui abbiamo parlato dello stress da lavoro. Non ci eravamo sbagliati. Infatti cercando qualche dato o ricerca sul web abbiamo trovato un interessante pezzo pubblicato all’interno di Libero News lo scorso mese di maggio. Sarebbero ben 9 milioni i lavoratori, ossia il 41%, che soffrono di stress.

Questi sono i dati a cui è arrivata una società di consulenza strategica, la SCS Consulting. Pensate che la media europea si attesta al 22%: siamo insomma ben al di sopra della media.

I più stressati in assoluto? I professionisti.