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I contratti per lavorare nel turismo: l’apprendistato

Il Ministero del Lavoro, attraverso la circolare n. 34 del 29 settembre del 2010, ha posto in evidenza le diverse forme di rapporto di lavoro esistenti ed ammissibili in questo particolare settore.

In effetti, il settore turistico, per la sua estrema variabilità in relazione anche alle diverse esigenze locali, ha la necessità di ricorrere ad una modalità organizzativa estremamente flessibile: basti pensare alla stagionalità del settore.

In base a questa esigenza esitono differenti forme contrattuali ammesse: si parte dall’apprendistato per arrivare al lavoro intermittente, si segue il lavoro occasionale accessorio senza trascurare il lavoro a tempo determinato.

Il settore turistico ha l’esigenza di conciliare i cicli stagionali con le diverse forma di collaborazione. A questo proposito, il contratto di apprendistato può essere tranquillamente utilizzato poiché si riesce a conciliare la necessità formativa con la flessibilità.

Il Ministero considera pienamente compatibile il contratto di apprendistato con un regime orario di tipo part time.

A questo proposito, il Ministero si è espresso più volte: dalle circolari n. 102/1986 e n. 46/2001 alla risposta dell’interpello del 13 settembre 2006.

Non esiste nessun minimo orario da osservarsi nella stipula del contratto a patto che la riduzione non pregiudichi le finalità formative. Infatti, condizione essenziale di un contratto di questo tipo è che gli apprendisti partecipino alle iniziative di formazione esterna all’azienda previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Le iniziative di formazione dovranno prevedere anche le discipline del rapporto di lavoro, l’organizzazione del lavoro e le misure di prevenzione per la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, oltre all’impegno formativo per l’apprendista, normalmente pari ad almeno 120 ore medie annue, prevedendo un impegno ridotto per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idonei rispetto all’attività da svolgere.

È opportuno ricordare che il legislatore non ammette una riproporzione della formazione in relazione all’orario di lavoro: il monte ore previsto deve essere utilizzato tutto.

Non solo, secondo la nota del Ministero, anche l’apprendistato professionalizzante non risulta incompatibile con un orario di lavoro di tipo part time anche se permane l’obbligo dell’impossibilità della riproporzione del monte ore formativo.

È opportuno ricordare che potrebbero essere ammesse specifiche disposizioni che possono essere introdotte dalla contrattazione collettiva (articolo 49 del decreto n. 276/2003) o, in caso di formazione esclusivamente aziendale, dalle Regioni unitariamente alle parti sociali, così come stabilisce anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 176/2010.

In merito all’apprendistato stagionale esiste una leggera deviazione. In effetti, oltre ad essere ammesso come rapporto di lavoro, l’apprendista stagionale deve eseguire un’attività formativa in relazione al tempo impiegato, ossia il monte ore formativo annuo deve essere rapporto con i mesi prestati.

Il Ministero pone anche l’accento sulle imprese che impiegano manodopera in diverse regione. Infatti, siccome l’apprendistato è materia di competenza regionale, per sapere quale normativa occorre applicare si deve fare riferimento alla sede legale del datore di lavoro.

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