Le ingiurie verso il datore di lavoro non giustificano il licenziamento

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9422 del 21 aprile 2010, ha ribadito che in presenza di ingiurie verso il proprio datore di lavoro, il lavoratore non può essere licenziato senza che si proceda secondo i dettami dell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori.

Non può essere invocata, da parte del datore di lavoro, la giusta causa, anche in presenza in minacce e ingiurie o di gravi insubordinazione tanto da ledere l’elemento della fiducia che vige in ogni rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro anche in presenza di questi elementi non può procedere, in maniera unilaterale, al licenziamento senza il necessario preventivo rispetto della procedura disciplinare appositamente prevista (articolo 7).

L’obbligo della visita medica di controllo

L’orientamento della giurisprudenza è ormai consolidato.

La corte Costituzionale ha sempre ribadito la legittimità costituzionale dell’articolo 5, quattordicesimo comma, del decreto 12 settembre 1983 n. 463, convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983 n. 638, nella parte in cui si stabilisce la decadenza del lavoratore dal diritto a qualsiasi indennità di malattia per i primi dieci giorni per l’intero e nella misura della metà per quelli successivi, per tutta la durata della malattia, qualora risulti assente, senza giustificato motivo, alla visita di controllo domiciliare, anche nel caso in cui venga successivamente accertata l’effettiva sussistenza della malattia al momento della detta visita.

Infatti, l’assenza dal domicilio del lavoratore in malattia durante le fasce orarie di reperibilità per le visite di controllo, non può considerarsi giustificata se non per motivi seri, ossia tali da impedire lo svolgimento delle attività che hanno determinato l’assenza in orari diversi.

Lavoratore disabile e il contratto a tempo determinato

La legge n. 68/1999 disciplina il rapporto di lavoro dei disabili assunti secondo l’istituto dell’obbligatorietà.

La predetta legge richiama le parti ad una corretta procedura del collocamento mirato.

Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso opportune analisi, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

Danno da mobbing: la Suprema Corte ribadisce i parametri oggettivi

Nel nostro paese non esiste una legge organica contro il mobbing e il fenomeno viene individuato e ostacolato dagli organi giudiziari.

Non esiste poi una definizione precisa del fenomeno e la Corte di Cassazione in una recente sentenza, n. 7382 del 26 marzo 2010, ha  precisato, o ribadito, la sua posizione in materia.

Secondo la Corte per mobbing, riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 del codice civile, deve intendersi una condotta non corretta nei confronti del lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o del dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili, che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione dei dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisiopsichico e della personalità del medesimo.

La divisa e l’orario di lavoro

La questione è sempre attuale e la normativa è abbastanza precisa tanto da non lasciare ombre o fraintendimenti, le sentenze poi emesse dalla Corte di Cassazione ribadiscono questa interpretazione.

Il tempo utilizzato per indossare e togliersi la divisa di lavoro, quanto questa è ritenuta utile dal datore di lavoro per svolgere la sua attività, comporta il diritto al pagamento della retribuzione per tutto il tempo utilizzato perchè l’attività ricade tra le prestazioni lavorative che il dipendente è tenuto a svolgere nell’ambito dell’orario di lavoro.

Su questo punto esistono diverse sentenze della Corte di Cassazione, come la n. 3763/98 e n. 19273/06 o, ancora, la n. 20179 del 22 luglio 2008 che ha confermato il pagamento del tempo utilizzato e la condanna del datore di lavoro che obbligava i propri dipendenti a timbrare l’inizio del turno solo dopo aver indossato la divisa e, al contrario, dovevano timbrare in uscita prima di cambiarsi.

L’orario di lavoro in un cantiere edile

In un precedente articolo avevamo dato evidenza della giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 5775 del 11 aprile 2003 e n. 5701 del 22 marzo 2004) in fatto di orario di lavoro.

Secondo la giurisprudenza il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria allorché sia funzionale rispetto alla prestazione. Inoltre, ha spiegato che sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il lavoratore dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa.

Il computo dell’orario di lavoro, il caso di un cantiere edile

Può succedere, in special modo per i lavoratori di un cantiere edile, di doversi recare in un punto di raccolta stabilito dal datore di lavoro al fine di usufruire dei mezzi aziendali per raggiungere un determinato cantiere. Il punto di raccolta è solitamente la sede legale o il magazzino dell’azienda.

Non sempre però questo succede; infatti, il lavoratore, precisiamo, può anche utilizzare un mezzo proprio per raggiungere il cantiere.

La questione che si pone è semplice: il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro, ovvero il punto di raccolta, deve essere computato nell’orario di lavoro?

Il lavoratore part time e il diritto all’aspettativa sindacale

Può il lavoratore a tempo parziale usufruire dell’aspettativa sindacale? Il quesito è interessante perché coinvolge la sfera dei diritti del lavoratore part time.

Infatti, secondo la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, in base al “principio di non discriminazione”, sancito dall’art. 4 del decreto n. 61/2000, il diritto di richiedere l’aspettativa sindacale deve ritenersi applicabile anche al lavoratore part-time e può coesistere con un orario di lavoro a tempo parziale verticale, orizzontale o misto, in quanto il lavoratore gode degli stessi diritti e doveri nei riguardi del datore di lavoro di tutti i lavoratori subordinati. Ciò in conformità con i limiti orari previsti dal contratto stipulato.

La responsabilità del lavoratore

Questo è un importante aspetto che occorre tenere in considerazione: il lavoratore è responsabile per gli illeciti civili o penali commessi nello svolgimento delle sue mansioni.

Occorre dividere i due aspetti. Per prima cosa occorre ricordare che la responsabilità penale è personale, o almeno così prevede il nostro ordinamento. In questo caso il datore di lavoro non è responsabile degli illeciti commessi a meno che esistono elementi tali da ritenere il suo concorso.

Il datore di lavoro per non concorrere nel reato può decidere di delegare le attività ad una persona preposta, ad esempio un dirigente. In questo caso, il dipendente così individuato è dotato dei necessari poteri, mediante un’apposita delega, tali da escludere il datore di lavoro.

Regionali 2010, il permesso elettorale per il lavoratore

 Secondo le disposizioni legislative, le consultazioni elettorali avranno luogo domenica 28 e lunedì 29 marzo 2010 e coinvolgeranno oltre 41 milioni di italiani e di questi, si stimano in circa mezzo milione di persone, un’esigua minoranza vigilerà, con vari ruoli, al fine di assicurare il regolare svolgimento delle operazioni elettorali.

La legge stabilisce che il lavoratore ogni volta che partecipa, mediante un incarico puntualmente definito, come scrutatore, presidente del seggio, segretario, rappresentante di lista o di gruppo, ma anche come rappresentante dei partiti o gruppi ha diritto di assentarsi per permesso elettorale.

La legge che disciplina la materia è il TU n. 361/1957: in conformità a queste disposizioni, il lavoratore ha diritto di assentarsi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle relative operazioni.

Corte di Cassazione: l’azienda non può controllare l’accesso a Internet

Importante sentenza della Corte di Cassazione che proibisce al datore di lavoro di controllare con sistemi elettronici gli accessi ad Internet e alla posta del dipendente.

La sentenza ovviamente non va letta come un divieto assoluto di presenza di programmi di controllo o monitoraggio, ma è necessario che questi sistemi devono essere autorizzati e regolamentati richiamandosi al rispetto degli obblighi della privacy e garantendo la necessaria correttezza dei sistemi di rilevamento.

A questo proposito l’azienda deve dotarsi di idonei strumenti in grado di garantire il corretto funzionamento, quali l’uso di regolamenti, l’emissione di notizie informative, la nomina di un responsabile che ne garantisca la corretta gestione e l’uso dei log file.