La tutela del licenziamento delle lavoratrici madri

Il nostro ordinamento protegge la funzione familiare della donna e per questo motivo ha predisposto una serie di tutele dal licenziamento durante la maternità.

In effetti, a questo riguardo le disposizioni legislative sono diverse.

Possiamo, a questo riguardo, ricordare il decreto n. 198 del 2006 o il decreto n. 151 del 2001 che vietano l’inserimento di particolari clausole nel contratto di lavoro quali il nubilato o il licenziamento in prossimità di tali eventi.

Il legislatore prevede delle eccezioni per le giustificazioni tipiche ed espressamente richieste dalle norme con onere della prova a carico del datore di lavoro.

Per questa ragione il datore di lavoro non può licenziare la lavoratrice nell’inizio del  periodo di gestazione e fino al compimento di un anno di età del bambino.

La busta paga, i criteri

È vero, non si lavora senza un adeguato corrispettivo.

Ma in che modo il datore di lavoro dimostra al proprio dipendente di averlo correttamente retribuito? Semplicemente attraverso il cedolino paga (busta paga).

La retribuzione costituisce il principale obbligo del datore di lavoro a fronte della prestazione fornita dal lavoratore (articoli 2094 e 2099 del codice civile).

Ai sensi dell’articolo 2099 del codice civile, la retribuzione costituisce il corrispettivo per l’attività prestata dal lavoratore subordinato. In effetti, l’articolo 2099 stabilisce che, dove manchi un accordo tra le parti, la retribuzione può essere stabilità dal giudice (pensiamo alle aziende che non aderiscono a nessuna associazione sindacale di categoria).

Insegnanti precari, il congedo parentale deve essere pieno

Lavorare con un contratto a tempo determinato non riduce le tutele: ecco in sostanza cosa stabilisce la corte di Cassazione.

Gli insegnanti precari, sebbene in contratto a tempo determinato, godono dello stesso trattamento dei loro colleghi occupati a tempo pieno in fatto di congedo parentale e di maternità.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione che ha posto in evidenza il contenuto del contratto nazionale di lavoro del comparto scuola del 2001.

Inps: l’indennità di accompagnamento

Il nostro sistema previdenziale prevede diverse tutele economiche in favore dei disabili. In modo particolare, esistono categorie di soggetti colpiti da patologie e menomazioni invalidanti che non dipendono da cause di guerra, lavoro o servizio ma che hanno, in ogni caso, necessità di cure e prestazioni.

Lo stato interviene a favore di questi soggetti con l’indennità di accompagnamento.

Questa indennità non costituisce reddito influente sul diritto e la misura di altre prestazioni previdenziali o assistenziali.

Corte di Cassazione e l’obbligo di repechage

La corte di Cassazione con sentenza n. 16579 del 15 luglio 2010 ha stabilito che l’obbligo di repechage è esteso a tutte le strutture aziendali ed è responsabilità dell’azienda provare l’impossibilità del ricollocamento del lavoratore.

Nel caso di specie il lavoratore era assunto e prestava la sua attività professionale in una delle filiali estere di una società italiana.

La corte di Cassazione, in sede dibattimentale, ha rilevato che le due parti erano italiane, datore di lavoro e lavoratore, con residenza e nazionalità italiane. Il lavoratore prestava il suo operato nell’interesse del datore di lavoro presso una sua filiale estera: la società di capitali ha sede in Italia è ed soggetta al diritto italiano.

Inail, tutelare l’infortunio a 360°

La tutela Inail deve essere totale e non deve solo salvaguardare le attività compiute durante l’esecuzioni di mansioni tipiche del contratto di lavoro, ma anche patologie che possono sopraggiungere successivamente, magari a distanza di qualche giorno.

Questa è il senso di una sentenza della Corte di Cassazione, per essere precisi la sentenza n. 27831 del 30 dicembre 2009, relativa a un caso avente per oggetto il decesso di un lavoratore verificato dopo entro le 24 ore dalla fine del proprio turno lavorativo.

Le dimissioni per giusta causa e indennità di disoccupazione

L’Inps, il maggiore istituto previdenziale italiano, con la circolare n. 97 del 2003 ha deciso di accogliere l’orientamento indicato nella sentenza n. 269/2002 della Corte Costituzionale nella quale si prevedeva il pagamento dell’indennità ordinaria di disoccupazione anche nel caso di dimissioni per giusta causa.

Infatti, la Corte Costituzionale ha stabilito che le dimissioni riconducibili a giusta causa comportano, al pari del licenziamento, uno stato di disoccupazione involontaria.

L’Inps, attraverso la sua circolare, ha cercato di dare delle indicazioni più precise ritenendo che, sulla base di quanto finora indicato dalla giurisprudenza, di considerare per giusta causa le dimissioni determinate dal mancato pagamento della retribuzione o a seguito di molestie sessuali nei luoghi di lavoro.

Le assenze per malattia durante lo sciopero

 La Corte di Cassazione con sentenza del 31 maggio 2010 n. 13256 ha stabilito che quando non è possibile stabilire una relazione tra i lavoratori scioperanti e quelli assenti per malattia non è ammissibile privare per volontà del solo datore di lavoro la relativa retribuzione degli assenti per motivi di salute.

Secondo la Corte di Cassazione i lavoratori assenti per motivi di salute non avevano comunque manifestato l’intenzione di aderire allo sciopero e per questa ragione il datore di lavoro non poteva derogare dall’obbligo a conferire la relativa retribuzione.

Le dimissioni annullate per confusione mentale

 Le dimissioni possono essere annullate se il lavoratore, sebbene non interdetto, provi di essere stato in uno stato, anche transitorio, di incapacità di intendere e di volere.

Lo ho stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8886 del 14 aprile che ha applicato i criteri stabiliti dall’articolo 428 del codice civile.

Infatti, la Suprema Corte ha ribadito che in caso di dimissioni date dal lavoratore che si trovi in uno stato di incapacità naturale, il diritto di riprendere il lavoro nasce con la sentenza di annullamento ex articolo 428 c.p.c., i cui effetti retroagiscono al momento della domanda, stante il principio secondo il quale la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vincitrice. Solo da quel momento nasce il diritto alla retribuzione.

Il lavoratore e il trasferimento del luogo di lavoro

La prestazione lavorativa è svolta tipicamente all’interno di locali aziendali, ma può anche succedere che questa può svolgersi al di fuori per il tipo di mansione che il prestatore deve svolgere.

Il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa può essere stabilito dalle parti del contratto individuale di lavoro secondo i criteri espressamente previsti dal codice civile, articolo 1182, con un patto di inamovibilità che impone il consenso bilaterale per ogni futuro spostamento.

Occorrr precisare che un patto di questo tipo è abbastanza raro e di difficile applicazione. In sua assenza è il datore di lavoro, per mezzo del suo potere direttivo espressamente previsto dalla legge, che decide la determinazione e la modifica del luogo della prestazione.

Ferie non godute e contribuzione lavorativa

La corte di Cassazione con sentenza n. 11262 del 10 maggio 2010 ha stabilito che il carattere risarcitorio delle somme corrisposte per ferie non godute non è di ostacolo all’assoggettamento a contribuzione trattandosi, in ogni caso, di un compenso corrisposto in dipendenza di un rapporto di lavoro ed in relazione ad una prestazione effettuata ed è riconducibile all’ambito dell’articolo 12 della legge n. 153/1969.

In effetti, l’articolo 12 stabilisce che per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, in danaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro.

I lavoratori e lo studio

Lo Statuto dei lavoratori prevede, all’articolo 10, che i lavoratori studenti, compresi quelli universitari, al fine di sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti. Non

Permessi retribuiti e la legge 104/92

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che non ha diritto a permessi retribuiti la persona che presti assistenza al genitore portatore di handicap se questa non è continuativa, Sentenza del 22 aprile 2010 n. 9557.

L’assistenza deve essere espressa in forma continuativa e in via esclusiva, così come prevede la legge. Infatti, le disposizioni dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’articolo 19 della legge 53/2000, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente.

Il personale sanitario e il rischio radiologico

Importante sentenza della Corte di Cassazione in merito alle ferie aggiuntive per tecnici di radiologia medica e personale diverso dai tecnici sanitari di radiologia medica esposti in modo permanente al rischio radiologico.

Secondo una precedente interpretazione del Tribunale di Cuneo, a detto personale compete, così come stabilisce il contratto di lavoro, 15 giorni di riposo sottoforma di ferie.

In effetti, il Tribunale di Cuneo dispone che  i quindici giorni di ferie aggiuntive devono computarsi come ferie ordinarie, escludendo dal computo i giorni festivi, di riposo settimanale e feriali non lavorativi ricadenti nello stesso periodo, ritenendo decisivi il testuale riferimento della disposizione  contrattuale alle ferie aggiuntive e la riferibilità del termine ferie ai giorni lavorativi.