Contenzioso penale sul lavoro e ruolo della privacy

 Con il provvedimento del 23 dicembre 2010 il Garante per la protezione dei dati personali ha stabilito che l’azienda non può accedere ai file personali del dipendente, ma però può conservarli per far valere i suoi diritti: il diritto alla riservatezza dei lavoratori deve essere bilanciato con la possibilità per le imprese di tutelarsi nell’ambito di eventuali procedimenti penali.

La decisione nasce dal ricorso presentato al Garante il 30 luglio 2010 da un ex dipendente di una società che ha ribadito la richiesta, già avanzata ai sensi dell’articolo 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto 30 giugno 2003 n. 196), volta a ottenere la cancellazione dei dati che lo riguardano conservati in alcune cartelle contenute nell’hard disk del notebook datogli in uso dalla società e restituito alla stessa a seguito del proprio licenziamento, opponendosi al loro ulteriore trattamento.

Garante della privacy, le disposizioni sulla video sorveglianza

L’Autorità garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento dell’ 8 aprile scorso, ha disposto nuove regole per l’uso dei sistemi di video sorveglianza.

L’Inps per dare attuazione alle nuove direttive ha diffuso una circolare, la n.72 del 2010, per meglio illustrarne il contenuto.

Il Garante dispone che ogni cittadino che transita nelle aree sorvegliate deve essere informato attraverso appositi cartelli.

In particolare, il Garante della Privacy precisa che questi cartelli devono essere collocati prima del raggio d’azione della telecamera, anche nelle sue immediate vicinanze ma non necessariamente a contatto con gli impianti.

Concorso pubblico, è possibile accedere alle schede valutative

Il TAR del Lazio con sentenza del 3 settembre 2009 n. 32103, ha espresso parere favorevole all’accesso agli atti amministrativi al fine di tutelare la posizione soggettiva.

Nella fattispecie, la ricorrente, che aveva partecipato al concorso pubblico per esami e titoli a cinque posti di dirigente amministrativo indetto con decreto direttoriale del 1 marzo 2007, non era risultata vincitrice del predetto concorso, pur classificandosi all’undicesimo posto.

La ricorrente, con istanza notificata il 3 febbraio 2010, motivata con esplicito riferimento all’esigenza di tutelare le proprie posizioni soggettive, ha in conseguenza richiesto l’accesso ai titoli di studio ed ai documenti comprovanti i titoli di preferenza dei concorrenti classificarsi fino all’undicesimo posto nella graduatoria del concorso.

Il TAR ha ribadito che, nella sentenza n. 32103, l’accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’eccezione.

Regione Campania: voucher per corsi di informatica specialistica

 A seguito di un Decreto dirigenziale riportante la data dello scorso 28 gennaio, nella Regione Campania, attraverso l’erogazione di voucher, è stato approvato un Corso di informatica specialistica, riservato a quindici persone, avente come titolo “Esperto di Sicurezza dei Sistemi e delle Reti Informatiche Aziendali“. A darne notizia è la EU-TEAM Società Cooperativa a r.l., società con sede legale a Benevento che ha proposto ed organizzato il corso avente una durata pari a 100 ore, e riservato ai giovani che hanno un’età compresa tra i 18 ed i 25 anni con il vincolo della residenza maturata nella Regione Campania da almeno due anni. Per quanto riguarda gli altri requisiti di accesso, occorre che il richiedente il voucher per la partecipazione al corso sia un diplomando avente competenze del ramo dell’informatica, oppure sia un giovane studente regolarmente iscritto presso un corso di laurea sempre con indirizzo e competenze nel campo dell’informatica.

I dipendenti della Pubblica Amministrazione e il cartellino identificativo

Dal 13 febbraio, secondo quanto stabilisce la circolare n. 3 del 2010 del Ministro per la Pubblica Amministrazione Brunetta, i dipendenti  delle  amministrazioni pubbliche che svolgono attività  a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.

Rientrano nel provvedimento quelle tipologie di lavoro che si svolgono in luogo pubblico e aperto ad un’utenza indistinta e a questo proposito ogni amministrazione deve individuare le funzioni rilevanti,  come  quelle  di  sportello  o svolte dall’ufficio relazioni con il pubblico.

In bagno senza il permesso dell’azienda

Esistono precisi vincoli di riservatezza e di dignità su cui non è possibile soprassedere.

In modo particolare, non è consentito in una struttura produttiva, dove la parte debole è rappresentata dal lavoratore, mettere a punto mezzi artificiosi al fine di monitorare le attività o i bisogni fisiologici del propri dipendenti.

In sostanza, con la nota n. 337 del 7 aprile 2010, il Garante della Privacy ha stabilito che il datore di lavoro non può obbligare i propri dipendenti a richiedere l’autorizzazione scritta per andare in bagno o, comunque, per assentarsi temporaneamente dalla postazione di lavoro perché un comportamento di questo tipo viola la dignità e la riservatezza dei dipendenti.

Corte di Cassazione: l’azienda non può controllare l’accesso a Internet

Importante sentenza della Corte di Cassazione che proibisce al datore di lavoro di controllare con sistemi elettronici gli accessi ad Internet e alla posta del dipendente.

La sentenza ovviamente non va letta come un divieto assoluto di presenza di programmi di controllo o monitoraggio, ma è necessario che questi sistemi devono essere autorizzati e regolamentati richiamandosi al rispetto degli obblighi della privacy e garantendo la necessaria correttezza dei sistemi di rilevamento.

A questo proposito l’azienda deve dotarsi di idonei strumenti in grado di garantire il corretto funzionamento, quali l’uso di regolamenti, l’emissione di notizie informative, la nomina di un responsabile che ne garantisca la corretta gestione e l’uso dei log file.

Facebook: “Il mio lavoro è noioso”. Licenziata

Abbiamo già parlato di come i social network stiano entrando anche nel mondo del lavoro e di come le aziende più grandi ricorrano ai vari LinkedIn o Facebook per cercare personale, ma quello che vi stiamo per raccontare ci sembra davvero troppo.
Una sedicenne inglese, Kimberly Swann, impiegata presso una società di logistica, dopo aver definito il proprio lavoro “noioso”, scrivendolo sulla propria pagina di Facebook è stata immediatamente licenziata.