Orario di lavoro: Ministero punta a nuove forme di flessibilità

 Il Ministero del Lavoro vuole “riformare” nel nostro Paese sia le condizioni di flessibilità a livello occupazionale, sia gli orari di lavoro in modo tale da agevolare i tempi di lavoro con quelli da dedicare alla famiglia. Insomma, in accordo con quanto dichiarato in questi ultimi giorni dal Ministro Sacconi, la proposta è quella di andare a definire un nuovo welfare sia attraverso la definizione di nuovi regimi contrattuali, sia andando in particolare ad agevolare le mamme ed i papà che lavorano e che magari da poco hanno avuto un bambino. Tra le proposte sul tavolo, in particolare, c’è quella per cui, al posto del congedo parentale, la neo mamma o il neo papà possa continuare a lavorare fruendo del telelavoro.

Strasburgo, approvata la direttiva sul congedo

L’Europarlamento ha approvato con una larga maggioranza, per inciso gli italiani si sono schierati in modo compatto a favore del testo, nuove disposizioni in fatto di congedo minimo di maternità.

Con questo provvedimento, che dovrà essere per prima cosa approvato dal Consiglio dei ministri dell’Unione Europea, si porta il congedo di maternità a 20 settimane dalle 14 inizialmente previste.

Infatti,  il Parlamento europeo ha approvato modifiche alla legislazione europea in materia di congedo di maternità minimo, portandolo a 20 settimane, tutte remunerate al 100% dello stipendio, con una certa flessibilità per i paesi che hanno regimi di congedo parentale.

Le lavoratrici in congedo di maternità devono essere remunerate con la retribuzione al 100% dell’ultima retribuzione mensile o della retribuzione mensile media, secondo il testo approvato.

Inpgi, prestazioni in favore dei collaboratori coordinati continuativi

Anche l’Inpgi recepisce le indicazioni della gestione separata dell’Inps e prevede forme di carattere assistenziale che tutelano la maternità e la paternità, il congedo parentale dei collaboratori coordinati continuativi.

In effetti, alle giornaliste titolari di una collaborazione – per le quali nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile siano stati versati almeno tre contributi mensili – è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data presunta del parto e per i tre mesi successivi alla data stessa.

L’indennità è riconosciuta anche per i periodi di interdizione anticipata dal lavoro.

Nel caso in cui la giornalista non sia più iscritta alla gestione separata, ma abbia maturato il requisito di almeno tre contributi versati ha comunque diritto a percepire l’indennità di maternità. Non ha diritto a percepirla nel caso in cui   abbia titolo a prestazioni di maternità di importo superiore in forza di attività lavorativa (autonoma o subordinata) intrapresa  successivamente.

Insegnanti precari, il congedo parentale deve essere pieno

Lavorare con un contratto a tempo determinato non riduce le tutele: ecco in sostanza cosa stabilisce la corte di Cassazione.

Gli insegnanti precari, sebbene in contratto a tempo determinato, godono dello stesso trattamento dei loro colleghi occupati a tempo pieno in fatto di congedo parentale e di maternità.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione che ha posto in evidenza il contenuto del contratto nazionale di lavoro del comparto scuola del 2001.

Calcolo del contributo figurativo per le lavoratrici a progetto

Le lavoratrici a progetto hanno diritto ad usufruire dei congedi parentali al pari di quelli di maternità. In particolare, possono usufruire, dal 1 gennaio del 2007, di permessi fino a tre mesi nel primo anno di vita del bambino.

Non solo, nell’ipotesi di gravidanza, i contratti a progetto, sono prorogati di diritto per altri 180 giorni, salve altre disposizioni più favorevoli.

Nei periodi di congedo parentale e di maternità le lavoratrici a progetto hanno diritto all’accredito della relativa contribuzione figurativa utile ai fini del trattamento pensionistico.

La maternità per i lavoratori a progetto

Le lavoratrici a progetto, le collaboratrici coordinate e continuative, le associate in partecipazione e le lavoratrici autonome non iscritte ad una cassa previdenziale professionale possono ricorre ad alcune tutele di natura economica al fine di salvaguardare una parte dei loro compensi. L’unica condizione essenziale è la sola iscrizione alla gestione separata Inps, così come prevede l’articolo 2 della legge 335/1995.

Infatti, per i congedi di maternità e di paternità è prevista una specifica indennità, sempre che il lavoratore abbia maturato almeno tre mesi di contribuzione maggiorata (dello 0,50% fino all’entrata in vigore del D.M. 12/07/2007 e dello 0,72% per i periodi successivi) nei dodici mesi antecedenti al periodo indennizzabile.

Il congedo per i figli obbligatorio anche per papà

Probabili modifiche in arrivo al testo unico sui congedi parentali; in effetti, è stato inserito nell’agenda dei lavori della Commissione Lavoro della Camera l’esame della proposta di legge di iniziativa PDL sulle modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 concernenti il sostegno alla maternità e l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio.

In realtà, oltre alla proposta di legge di iniziativa PDL esistono almeno altre quattro differenti iniziative in questo senso.

L’obiettivo del lavoro in Commissione è di riuscire a produrre un testo unico condivisibile da tutti; in effetti, insieme alla proposta Saltamartini con relatore Moffa del PDL, esistono a anche le proposte di Mosca, Brugger, Caparini, Calabria e Jannone.

Congedo parentale e inizio nuova attività di lavoro

Sono stati sollevati diversi dubbi in merito alla riconoscibilità o meno del diritto all’indennità per congedo parentale (come previsto agli articoli 32 e seguenti del D.Lgs.151/2001) in favore di lavoratori dipendenti che, durante la fruizione del congedo stesso, intraprendono una nuova attività lavorativa.

Il congedo parentale risponde ad una esigenze basilare: assicurare al genitore lavoratore un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino.

Stando alle indicazioni del Ministero del Lavoro, il suddetto periodo non può essere utilizzato dal lavoratore per intraprendere una nuova attività lavorativa che, se fosse consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare.

L’Inps, in riferimento alle indicazioni ministeriali, ha reso noto le sue osservazioni in proposito.

Il CNEL e il lavoro che cambia

Il CNEL, ossia il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è un organo espressamente previsto dalla nostra carta costituzionale e, secondo quanto prevede l’articolo 99, svolge funzioni di consulenza del Parlamento e del governo per le materie attribuite per mezzo di una legge ordinaria.

Non solo, il CNEL dispone anche di iniziativa legislativa e contribuisce alla elaborazione della legislazione economica e sociale. In base a queste attribuzioni, il CNEL ha recentemente diffuso il suo rapporto finale sull’impresa che cambia, ossia sulle trasformazioni del sistema imprenditoriale in Italia.

Il rapporto del CNEL, dopo un’analisi delle problematiche economiche e sociali, pone in evidenza la necessità di profonde politiche di formazione in grado di incidere, in maniera significativa, sulle politiche di innovazione: le uniche risposte capaci di rispondere alla sfida competitiva attuale.

Congedi parentali, in arrivo nuova direttiva europea

Il 18 marzo scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il testo della nuova Direttiva europea sui congedi parentali (Direttiva n. 2010/18/EU dell’8/3/2010).

La nuova direttiva intende migliorare la legislazione comunitaria vigente in tema di protezione della maternità e congedo parentale.

Non solo, la Commissione suggerisce di valutare la possibilità di introdurre nuove forme di congedo per ragioni familiari, quali il congedo di paternità, il congedo in caso di adozione e il congedo per cure prestate ai familiari.

La Direttiva stabilisce che il congedo parentale è concesso per un periodo minimo di quattro mesi e, per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra uomini e donne, andrebbe previsto, in linea di principio, in forma non trasferibile.

Inps: sospensione dell’apprendistato in caso di maternità

I periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, ossia utilizzando il congedo di maternità e parentale, non si computano ai fini della durata del contratto di apprendistato (DPR 25 novembre 1976, n. 1026), così come prevede il T.U. di cui al decreto n. 151/2001.

Il contratto di apprendistato, in riferimento anche all’ultima legge finanziaria, non ha alterato la natura del rapporto di lavoro. Infatti, questo particolare rapporto contrattuale è di tipo misto, ovvero, oltre ad instaurarsi un rapporto lavoro, l’elemento fondamentale e di differenziazione è costituito nell’attività formativa così come il legislatore ha ribadito più volte anche attraverso il decreto legislativo n. 276/2003 e le regolamentazioni regionali in materia.

Il Tribunale di Firenze estende il congedo di paternità

 Importante sentenza del Tribunale di Firenze, sezione lavoro con presidente Giampaolo Muntoni, che estende la norma dell’astensione del congedo di paternità anche nei due mesi precedenti il parto.

Questa è una novità importante che rafforza le tutele previste per la famiglia nel settore delicato dell’assistenza ai figli.

In questo modo il padre, oltre a poter astenersi dall’attività lavorativa nei tre mesi successivi al parto con l’80% dello stipendio, ha la possibilità, in base ad una reciprocità nel trattamento dei diritti che il giudice di Firenze ha riconosciuto, di estendere il suo diritto all’assistenza anche nel periodo precedente.

Handicap e disabilità, la legge 104

 La legge 104/92 è certamente una norma che nelle intenzione avrebbe dovuto riformare in modo profondo le politiche sociali a favore delle persone disabili e dalle loro famiglie.

L’articolo 33 prevede la concessione dei permessi lavorativi a favore dei lavoratori che assistono un familiare con handicap grave, e per gli stessi lavoratori con grave disabilità.

Dal 92 in poi, sull’argomento vi sono state circolari applicative, spesso contradditorie, sentenze e norme che hanno chiarito e rivisto l’iniziale impianto della disposizione.

Il risultato é che spesso i diretti interessati non riescono bene a comprendere quali siano i propri diritti e come ottenerli.

I 3 giorni di permessi mensili previsti dalla legge 104/92 per i lavoratori che siano affetti da un handicap in situazione di gravità e per i lavoratori che assistono figli e familiari con handicap possono essere fruiti anche frazionandoli in permessi orari.