Il licenziamento durante il periodo di prova

 La Corte di Cassazione è intervenuta chiarendo alcuni dubbi interpretativi in merito alla licenziabilità durante il periodo di prova.

Per la Corte, con sentenza n. 23227 del 17 novembre 2010, è possibile licenziare un lavoratore in prova senza l’obbligo di motivazione.

In effetti, ai sensi dell’articolo 2096 del codice civile, l’assunzione in prova del prestatore di lavoro per periodo di prova deve risultare da un atto scritto e durante questo periodo ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o d’indennità.

Il codice civile ribadisce, però, che se la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

Inps, il clandestino deve pagare i contributi previdenziali

Tutti sono tenuti a pagare i contributi previdenziali? Di certo la domanda è di estrema importanza e rilevanza. La giurisprudenza è abbastanza concorde su questo punto: le norme previdenziali hanno valore anche per i lavoratori stranieri e clandestini.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 22559 del 5 novembre 2010 esprime il suo autorevole parere in merito; infatti, in base a questa sentenza la Suprema corte ribadisce che tutti devono versare i contributi, clandestini o meno.

In particolare, la Corte aveva respinto il ricorso di un imprenditore che non aveva versato all’Inps i contributi dei lavoratori clandestini utilizzati dall’azienda: il datore di lavoro è tenuto, in ogni caso, sempre al versamento dei contributi previdenziali.

Cassazione, per l’asbestosi l’azienda è sempre colpevole

La Corte di Cassazione ha ribadito in una importante sentenza il suo punto di vista sulle morti per asbestosi.

In effetti, la Cassazione, nelle motivazioni relative al processo per gli 11 operai morti nello stabilimento piemontese Montefibre di Verbania infestato dall’amianto dal 1972 al 1996, ha ribadito che è sempre responsabile la direzione aziendale nei casi di morti per asbestosi.

In questo modo la Suprema corte accoglie il parere unanime della comunità scientifica secondo cui questa particolare patologia è determinata da condotte omissive sulla sicurezza sul lavoro.

A sindacati e associazioni, secondo la Corte, spetta il risarcimento dei danni patrimoniali e morali.

Non è licenziabile il lavoratore depresso assente alla visita fiscale

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con sentenza 21621 del 21 ottobre del 2010 ha ribadito il suo orientamento in casi simili.

Infatti, per giustificare l’obbligo di reperibilità in determinati orari non è richiesta l’assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, ma è sufficiente un serio e fondato motivo che giustifichi l’allontanamento dal proprio domicilio.

Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ha preso in esame il ricorso di un’azienda che aveva licenziato una propria dipendente perché assente dal proprio domicilio in occasione della visita fiscale ed era stata vista al mare per qualche ora.

Infortunio, risarcimento ridotto per il lavoratore straniero

Importante sentenza del Tribunale di Torino in fatto di infortunio sul lavoro, Sezione IV Civile, che stabilisce, richiamando la sentenza della Corte di Cassazione n. 1637 del 2000, un’importante criterio: l’ammontare del risarcimento deve essere realmente rapportato al valore del denaro nell’economia del Paese dove risiedono i danneggiati.

Nella fattispecie il tribunale di Torino ha trattato il risarcimento del danno ai familiari di un operaio albanese morto sul lavoro. La causa era stata promossa dai suoi familiari che chiedevano il risarcimento all’azienda italiana dove l’operaio prestava la sua opera.

I promotori dell’azione legale attribuivano al datore di lavoro la responsabilità dell’incidente reo di non aver approntato tutte le misure di sicurezza ritenute idonee.

Minorenni al lavoro, gli obblighi del datore di lavoro

La legge n. 977 del 17 ottobre 1967 si occupa di tutelare il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti con particolari norme che intendono salvaguardare la salute e la sicurezza dei minori.

La legge in esame ammette l’impiego dei fanciulli e degli adolescenti a patto che siano riconosciuti idonei all’attività lavorativa certificata da una visita medica, articolo 8 della legge n. 977 del 7 ottobre 1967.

In effetti, le visite periodiche sono da effettuare ad intervalli non superiori ad un anno e devono essere effettuate, a cura e spese del datore di lavoro, presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente.

Qualora il medico ritenga che un adolescente non sia idoneo a tutti o ad alcuni dei lavori si deve specificare nel certificato i lavori ai quali lo stesso non può essere adibito.

Il controllo sul lavoratore

Recentemente la Corte di Cassazione ha espresso una nuova lettura dell’articolo 4 della legge n. 300 del 1970, statuto dei lavoratori, introducendo il controllo di tipo difensivo.

L’articolo 4 e 38 della legge n. 300 esprime il principio della riservatezza dei lavoratori nello svolgimento della propria attività lavorativa, ma, nel contempo, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20722 della V Sezione del mese di giugno 2010, ha riconosciuto piena legittimità, da parte del datore di lavoro, di introdurre sistemi di controllo mirati alla tutela del proprio patrimonio aziendale.

Secondo quanto stabilito dalla Corte i contenuti multimediali raccolti con sistemi audiovisivi  mirati a proteggere il patrimonio aziendale sono pienamente utilizzabili come prove di reato anche se l’eventuale imputato è un lavoratore subordinato.

Il decorso della prescrizione del TFR

Secondo l’autorevole parere della Corte di Cassazione il trattamento di fine rapporto, o TFR, decorre dall’insorgenza del diritto, ovvero dal momento che si estingue il rapporto di lavoro subordinato e non da quanto, cosa comune in caso di vertenze in atto, viene accertato giudizialmente l’effettivo ammontare della quota spettante anche quando sussistono controversie in atto mirate a definire il trattamento delle retribuzioni.

La pendenza di una controversia del genere non può essere utilizzata come elemento ostativo alla proposizione della relativa domanda per il conseguimento del trattamento di fine rapporto.

Per questa ragione il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al trattamento di fine rapporto va individuato nel momento in cui tale diritto può essere fatto valere e, di conseguenza, nel momento in cui il rapporto di lavoro subordinato è di fatto cessato e non da quando sia stato accertato, per via giudiziale, l’effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti.

Infortunio sul lavoro, ammesso il sindacato come parte civile

La corte di Cassazione nella sentenza dell’11 giugno 2010, sezione IV penale, ha ammesso un principio importante: è lecita la costituzione in parte civile dei sindacati anche se il lavoratore infortunato non era iscritta ad alcun sindacato.

Grazie a questo intervento ora è possibile tutelare tutti i lavoratori anche quelli che, per diversi motivi, non possono iscriversi ad una organizzazione sindacale.

La Corte di Cassazione ha affermato che non vi è differenza tra processi civili e penali e, nella fattispecie in oggetto, deve essere garantita la tutela dei lavoratori in caso di infortunio sul lavoro ribadendo che è possibile la costituzione della parte civile.

Quello delle morti bianche è un problema di rilevanza nazionale che deve essere affrontato con ogni mezzo al fine di garantire la sicurezza personale dei lavoratori che deve tenere conto del quadro do riferimento mutato nel corso degli anni.

Il telemarketing e il rischio professionale

Il pericolo corre sul filo.

L’Inail ha chiarito attraverso la nota n. 5941/2010 che anche chi opera nel settore del telemarketing deve essere assicurato contro gli infortuni sul lavoro perché l’operatore, centralinista o telefonista, è comunque sottoposto a rischio ambientale.

Il chiarimento espresso dall’Inail è stato sollecitato da appositi quesiti relativi all’obbligo assicurativo degli addetti ai call center e, nello specifico, dei lavoratori addetti alla propaganda commerciale che fanno uso di telefono a linea fissa, in assenza di connessione a centralini o a postazioni automatizzate.

L’obbligo di fedeltà e il lavoratore

 Nella giurisprudenza vengono chiamati obbligo del non fare che valgono anche quando l’attività lavorativa è sospesa per diversi motivi.

Questi obblighi si affiancano a quelli, per ragioni di ovvietà, sono già presenti in un normale rapporto di lavoro, come l’obbligo di lavorare.

Gli obblighi del non fare sono orientati a tutelare le capacità concorrenziali del datore di lavoro, così come prevede l’articolo 2105 del codice civile, ovvero il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

La busta paga, criteri per il controllo

La Legge n. 4/53 obbliga al datore di lavoro di corrispondere la retribuzione mediante l’utilizzo di un prospetto paga, la cosiddetta busta paga, su cui devono essere indicati tutti gli estremi relativi del lavoratore, dalla retribuzione alle trattenute.

Tale prospetto deve portare la sigla o il timbro dei datore di lavoro ed essere vidimato dagli organismi competenti. Non esiste un modello unico, ma il formato della busta paga differisce dal settore di appartenenza e dal gruppo merceologico.

Si tratta di un prospetto fondamentale per verificare se è stato corrisposto quanto dovuto in applicazione del contratto di lavoro e delle leggi vigenti in materia di previdenza e  fisco.

La busta paga, infatti, ha validità giuridica e, in caso di vertenze, ha valore di prova davanti all’autorità giudiziaria per certificare la giustezza della retribuzione, del trattamento di fine rapporto, dei versamenti previdenziali.