I sistemi GPS sui mezzi di lavoro e il ruolo della privacy

I sistemi di tipo GPS permettono di tracciare il percorso dei mezzi utilizzati in ambito lavorativo o per tenere sotto controllo veicoli utilizzati per trasportare valori; in effetti, la moderna tecnologia può essere utilizzata per assicurare la necessaria protezione ai beni del datore di lavoro ma, è altrettanto vero, che può anche essere usata in modo improprio e lesivo dei diritti del lavoratori, ossia così come previsto dallo Statuto dei lavoratori.

Il Garante della Privacy ha deciso di intervenire in un dibattito che, per sua natura, coinvolge diversi interessi e soggetti detentori di diritti giuridici, così il necessario contemperamento tra la tutela dei lavoratori e le esigenze organizzative, produttive e di sicurezza sul lavoro ha convinto il Garante della Privacy circa il legittimo utilizzo dei sistemi di localizzazione dei veicoli impiegati nell’ambito del rapporto di lavoro.

Cassazione, il licenziamento per giusta causa

 Durante lo scorso mese di marzo la Cassazione aveva emesso diverse sentenze in tema di licenziamento.

In particolare, la Cassazione, con la sentenza n, 6498 del 22 marzo 2011, ha affermato che ai fini del licenziamento per giusta causa (nella fattispecie un caso di un furto in azienda) non si applica il divieto di monitorare l’attività dei lavoratori attraverso impianti audiovisivi: in questo caso, il controllo serve necessariamente a tutelare il patrimonio aziendale.

Infatti, così come stabilisce lo Statuto dei lavoratori dove gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso degli impianti.

Manovra bis 2011, dalla Cisl un patto contro il licenziamento selvaggio

 La Cisl torna a ribadire la sua posizione critica nei confronti della manovra economica di agosto; in effetti, nel ribadire la forte avversione per la decisione del governo di apporre il voto di fiducia al maxiemendamento, il sindacato ne ricorda l’iniquità ed esprime la propria contrarietà sull’età pensionabile delle donne nel privato all’ulteriore avvicinamento al 2014 della partenza del percorso che porterà nel 2026 alla parificazione.

Non solo, la seconda centrale sindacale pone anche in evidenza le diverse azioni intraprese al fine di ottenere alcune significative modifiche dell’impostazione originaria relative aalla modifica dell’articolo 8 stabilendo la priorità degli Accordi Interconfederali relativamente ai contratti aziendali e territoriali, garantendone l’efficacia a tutti i lavoratori anche rispetto a veti e ricorsi giudiziari ed eliminando il pericolo che sindacati di comodo potessero ridurre le tutele contrattuali e legislative dei lavoratori.

Scioperare per i diritti del lavoro e contro la manovra

È stato approvata in Commissione in Senato la norma che sancisce, di fatto, il superamento dell’articolo 18 della legge 300, meglio conosciuta come lo Statuto dei lavoratori.

In effetti, in base all’articolo 8 del correttivo alla manovra finanziaria si stabilisce che “fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro”, le specifiche intese aziendali e territoriali “operano anche in deroga alle disposizioni di legge” ed alle “relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”.

Manovra bis 2011, lo Statuto dei lavori del ministro Sacconi

Se è vero che la BCE chiede più flessibilità e una politica finalizzata ad una maggiore capacità di licenziare e non più regolate dalla nostra legislazione di riferimento, allora la riposta non passa attraverso lo Statuto dei lavori: ecco, in buona sostanza, l’osservazione della CGIL che vede nello strumento definito dal ministro del lavoro Maurizio Sacconi lo smantellamento dello Statuto del lavoratori nato 41 anni fa con la legge 300/1970.

In effetti, tra gli obiettivi del governo per uscire dalla crisi la riforma del mercato del lavoro è il quattro: anticipo della manovra al 2013, modifica dell’articolo 41 della Carta e pareggio di bilancio costituzionalmente obbligatorio.

Il ministro Tremonti nel presentare l’elenco delle priorità si era soffermato com

Uno dei pilastri sarà la riforma del lavoro. C’è un testo importante già elaborato, sarà presentato alle parti sociali per essere portato al Senato

In arrivo lo statuto dei lavori

Torna l’idea dello Statuto dei lavori tra le proposte per riformare il lavoro e dare impulso alla crescita economica, ma, non solo, anche per dare una risposta forte alla situazione economica del Paese.

Per il sindacato, in realtà, in gioco è l’intera ossatura dello Statuto dei lavoratori approvato nel 1970, ma per il governo questo è uno Statuto rigido, ancorato ai modelli e alle logiche di un passato che non c’è più.

L’idea del governo è quella di cambiare registro e di adeguare il sistema delle tutele alla nuova modernità, ossia è necessario definire e realizzare un sistema di tutele moderne e mobili tali da consentire il pieno sviluppo dell’impresa.

Agenzie per il lavoro, iscrizioni sospese

Sono state sospese in modo temporaneo le iscrizioni all’Albo Informatico delle Agenzie per il Lavoro, ossia i soggetti autorizzati all’intermediazione dall’art. 6 del Decreto Legislativo 276/03. In effetti, sono in arrivo le nuove procedure per l’iscrizione all’Albo attraverso un apposito decreto ministeriale, da emanare per effetto della Legge n. 111 del 15 luglio 2011, che disciplinerà le modalità per l’esercizio dell’attività di intermediazione e per l’iscrizione all’Albo.

Lo ha comunicato il ministero del Lavoro specificando che a seguito della Manovra è in fase di definizione un nuovo decreto ministeriale che deve dettare le nuove linee guida rispetto alle modalità per l’esercizio dell’attività di intermediazione e per l’iscrizione all’Albo.

Il dirigente e le tutele reali in fatto di licenziamento

 La Corte di Cassazione, attraverso la sentenza n. 14713 del 5 luglio 2011, ha voluto chiarire il ruolo e la funzione dei dirigenti da quelli considerati pseudo-dirigenti.

In effetti, la Cassazione ha ribadito che le diverse garanzie procedurali previste dalla art. 7 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), non sono applicabili al rapporto di lavoro dei dirigenti propriamente detti, ossia al lavoratore che si colloca al vertice della organizzazione aziendale che svolge le funzioni tali da improntare la vita dell’azienda, con scelte di respiro globale, in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro.

Il Garante Privacy presenta la relazione 2010

La privacy è un argomento abbastanza delicato perché si preoccupa di regolare i diversi rapporti interpersonali coinvolgendo anche la sfera lavorativa di ogni singolo soggetto.

La relazione annuale sullo stato di attuazione della normativa sulla privacy ci permette di fare il punto sul lavoro svolto dall’Autorità composta da Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, Mauro Paissan e Giuseppe Fortunato.

Unione Europa, è ora di pensare allo statuto dei lavoratori europeo

 La proposta è del parlamentare europeo Enzo Rivellini che ha formalmente presentato lo scorso 31 maggio, in base alle indicazioni espresse dall’articolo 120 del regolamento, una proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla costituzione dello statuto europeo dei lavoratori.

Per Enzo Rivellini in sostanza si tratterebbe di formalizzare in un punto di riferimento organico le già presenti e diffuse normative a livello europeo presenti sotto forma di prescrizioni minime in materia di diritti dei lavoratori e di organizzazione del lavoro.

Decreto sviluppo, la decadenza e le assunzioni

 Nella misura finalizzata ad incrementare l’occupazione nelle Regioni con particolari crisi occupazionali, il governo ha però voluto anche definire alcuni paletti che devono essere utilizzati per regolare meglio gli aiuti concessi.

In effetti, esiste la possibilità che le misure, crediti d’imposta, una volta concesse possono essere soggette a decadenza. Questa possibilità è prevista, in base al disposto dell’articolo 2 comma 7, qualora il numero complessivo dei dipendenti risulti è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti, se i posti di lavoro creati non siano conservati per almeno tre anni, o due anni nel caso di piccole e medie imprese e, infine, nel caso in cui vengano accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale sia a quella contributiva da lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni non inferiori a 5.000 euro, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, nonché nelle ipotesi in cui la Magistratura abbia emanato provvedimenti definitivi contro il datore di lavoro ex art. 28 della legge n. 300/1970 (condotta antisindacale).

Partecipazione dei lavoratori all’impresa, la proposta Saglia e Cazzola

 Si deve partire dallo Statuto dei lavoratori per ridefinire un nuovo modello di relazioni industriali, ecco il punto di partenza della proposta Saglia e Cazzola sulla partecipazione dei lavoratori ai risultati d’impresa.

La proposta di Saglia e Cazzola è del 2008 e intende offrire una delega al Governo per la promozione della partecipazione dei lavoratori alla proprietà e alla gestione delle imprese attraverso diversi criteri che deve prevedere, tra l’altro, la previsione di piani di partecipazione azionaria dei dipendenti sulla base di contratti e accordi collettivi stipulati a livello aziendale con vincolo di inalienabilità per tre anni o con il conferimento di strumenti finanziari a un Fondo comune di impresa costituito in forma di Società d’investimento a capitale variabile ( SICAV ) che emette in contropartita quote da assegnare agli aderenti ai piani in proporzione alla partecipazione al fondo medesimo.

Il datore di lavoro non può ridurre lo stipendio al lavoratore come azione risarcitoria

La Corte di Cassazione ha stabilito con la sentenza n. 896 del 17 gennaio 2011 che in caso di comportamento illecito del dipendente recante un danno all’azienda, l’imprenditore ha diritto sì di esigere il risarcimento del danno, ma questo non può essere effettuato riducendo lo stipendio al lavoratore perché i minimi inderogabili stabiliti dal contratto di lavoro non sono riducibili.

La Corte di Appello di Catania aveva accolto le osservazioni del datore di lavoro perché il contratto collettivo di lavoro non era vincolante poichè le parti non erano iscritti alle organizzazioni stipulanti.

Per questa ragione, i minimi previsti dalla contrattazione collettiva non potevano essere assunti necessariamente a parametri di quella retribuzione equa e sufficiente prescritta dall’articolo 36 della Costituzione.

Non poteva nemmeno essere considerata inadeguata la retribuzione percepita dal lavoratore che si distaccava per appena l’11 per cento da quella indicata dalla contrattazione. La Corte di Appello di Catania rigettava perciò la sentenza di primo grado che aveva individuato la retribuzione adeguata applicando le tariffe sindacali al 100%.

Lo Statuto dei lavoratori e il decreto correttivo 106/09

Le modifiche apportate dal DLgs 106/09 al DLgs 81/08 sono diverse e di varia natura. In particolare, uno dei punti di maggiore attenzione sindacale è certamente quello coinvolge l’aspetto della sorveglianza sanitaria.

In effetti, l’articolo 26 comma 2 modifica l’articolo 41 comma 3 del decreto 81/08, ovvero sulla visita medica preassuntiva che, secondo i pareri di diversi esperti del settore, si porrebbe in contrasto con lo Statuto dei lavoratori.

In effetti, il decreto 106/09, oltre alla possibilità per le aziende di effettuare le visite mediche anche in fase preassuntiva, introduce una modifica anche per i casi in cui un lavoratore risulta inidoneo rispetto alla sua mansione originaria.

Il dettato originale della disposizione, decreto 81, prevede che il datore di lavoro in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, (inidoneità) attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute.